Il caso

"Dov'è mio figlio?": nuova protesta a colpi di vernice e stavolta tocca al municipio

La donna da mesi si batte per sapere dove si trovi il figlio, preso in carico dai servizi sociali

"Dov'è mio figlio?": nuova protesta a colpi di vernice e stavolta tocca al municipio
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Solo pochi giorni fa aveva imbrattato con la vernice rossa l'ingresso della sede dei servizi socio assistenziali dell'Unione Net, in via Roma 3.

La protesta continua

La mamma di Settimo Torinese che da mesi porta avanti la sua battaglia per sapere dove si trovi suo figlio 12enne, preso in carico dai Servizi sociali, e poterlo incontrare, ha messo in atto una nuova eclatante protesta a colpi di vernice, stavolta davanti al palazzo comunale di Settimo.

Anche in questo caso il tutto è stato documentato tramite una diretta social sul profilo della donna. "Mi hanno strappato mio figlio - ha gridato la donna rivolgendosi alla prima cittadina Elena Piastra - lei cosa farebbe sindaca, non andrebbe in strada se capitasse a lei? Mio figlio ha bisogno di sua mamma. Sono viva, non sono morta e ho diritto". "Chi è al 41Bis può vedere il proprio figlio, i detenuti, i maltrattanti, possono vedere il loro figlio, e io che lavoro e pago le tasse no?".

Sul posto i carabinieri della tenenza locale e alcuni agenti di polizia locale. Terminato l'atto di protesta la mamma è stata condotta via dalle forze dell'ordine.

In seguito alla situazione creata è stato necessario chiudere la porta di ingresso del Municipio e al momento chi deve accedere a uffici e sportelli viene fatto passare da un ingresso secondario.

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Una vicenda delicata

La storia sul territorio settimese - e non solo - è ben nota. Dietro la protesta, stando alla spiegazione fornita dalla stessa responsabile del gesto, ci sarebbe una disperata richiesta di aiuto. «Voglio sapere dove si trova mio figlio. Sono 4 anni che mi privano dell'amore, mio figlio deve tornare a casa!», aveva urlato la donna mentre protestava davanti ai servizi sociali lo scorso 29 febbraio.

Sulla causa, iniziata nel 2020 e ancora in corso, si dovrà esprimere in queste settimane la Cassazione dopo due sentenze – la prima del Tribunale dei Minori del Piemonte e della Valle d'Aosta e la seconda della Corte d'Appello - che hanno dichiarato lo stato di adottabilità del minore e il suo momentaneo inserimento in una comunità terapeutica.

«In questo momento, mi ritrovo che non so dove si trova mio figlio. Questo gesto estremo, chiamatelo come volete, non finisce qua perché non mi stanno trattando come una persona», minaccia la donna che non risparmia l'operato dei servizi sociali da gravi accuse. «È un atto che ho compiuto per l'accanimento contro la mia famiglia. Sono stanca, basta», è lo sfogo che la mamma ha rilasciato nei giorni scorsi al Settimanale La Nuova Periferia di Settimo.

L'avvocato della donna

«Prendo atto del suo gesto che immagino sia frutto di una situazione che ha esasperato la mia assistita che da anni si batte per suo figlio. Da un punto di vista umano, capisco. Da un punto di vista puramente tecnico e giuridico, non lo condivido», aveva commentato Pasqualino Miraglia, avvocato difensore della donna.

"Cosa c'è di peggio di perdere un bambino? Qualsiasi cosa faccia la signora, è sicuramente meno grave del fatto che le abbiano portato via il bambino. Fermo restando, come ho detto, che dal punto di vista tecnico ha commesso un reato. E i reati vanno perseguiti sempre, però bisogna anche capire l'esasperazione di una mamma che si ritrova senza il proprio bambino. E dal mio punto di vista senza un motivo valido perché non stiamo parlando di una signora che esponeva il minore a pericoli. Per questo motivo, seppur non posso condividerlo – ribadisce l'avvocato Miraglia -, umanamente capisco il gesto».

 

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