Processo

"Caso Yesmoke": i fratelli Messina non dovranno pagare alcun maxi risarcimento

La Corte d'appello ha ribaltato le due precedenti sentenze

"Caso Yesmoke": i fratelli Messina non dovranno pagare alcun maxi risarcimento
Pubblicato:
Aggiornato:

Erano stati accusati di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando e al falso, venendo poi condannati a dover risarcire l’Agenzia delle Entrate e i Monopoli di Stato per ben 150 milioni di euro.

Il "Caso Yesmoke" e le accuse

Il motivo? Come racconta il settimanale La Nuova Periferia, per i giudici di primo e secondo grado, infatti, i fratelli Carlo e Gianpaolo Messina, all’epoca titolari della azienda «Yesmoke» di via San Giusto a Settimo Torinese - unica azienda italiana a produrre sigarette - avrebbero fatto sparire dal circuito legale della vendita del tabacco ben 95 milioni di pacchetti di sigarette, sfruttando - a favore - il regime della sospensione delle accise. Poi, una volta fuori dai confini nazionali, si perdevano le tracce degli stessi carichi.

Sempre per l’accusa, quei carichi sarebbero sempre rimasti in Italia, venendo smerciati illegalmente a prezzi vantaggiosi. Di qui l’accusa anche di evasione.

Nel novembre 2014, i due fratelli erano stati arrestati assieme ad altre 15 persone - da parte dei finanzieri del Gruppi d'Investigazione sulla Criminalità Organizzata, della polizia tributaria e del Nucleo interregionale antifrode - nell’ambito di una indagine internazionale, coordinata dai pm Marco Gianoglio e Alberto Perduca, scattata a seguito di una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane.

Colpo di scena in Appello

Lo scorso 17 giugno, i giudici della Corte d’Appello di Torino della seconda sezione penale hanno ribaltato quanto deciso nei primi due gradi di giudizio, revocando le disposizioni precedenti di pagamento dei 150 milioni alle due agenzie pubbliche, che addirittura ne avevano richiesti oltre 200 milioni di euro di danni.

La Corte d’Appello ha quindi dato ragione agli avvocati Marco Castelnuovo, Daniele Zaniolo, Emmanuele Serlenga, Enrico Calabrese e Lucietta Gai che da subito avevano posto l’attenzione su un vero e proprio paradosso fra le sentenze.

«Si contestava alla Yesmoke l’evasione dell’Iva e dell’accusa in relazione a spedizioni verso paesi extra europei di sigarette che però in realtà non sarebbero mai uscite dall’Unione Europea. Ciò che noi abbiamo rilevato è che la Guardia di Finanza aveva eseguito dei conteggi approssimativi basandosi sui carichi che i containers erano in grado trasportare. Però nessuno ha mai contato quante sigarette si trovassero su quei containers né si sa se questi fossero a pieno carico né se su quei containers ci fossero sigarette Yesmoke.
Si trattava di controlli compiuti successivamente alle spedizioni, basati su prove raccolte soprattutto in intercettazioni. Oltretutto noi sosteniamo che in base alla normativa europea di settore vigente l’accisa sia dovuta nell’ultimo paese di frontiera dell’Unione Europea, quindi nel nostro caso, Polonia, Slovacchia, Ungheria. E non all’Italia», sottolinea Serlenga.

La Corte, inoltre, ha dichiarato prescritte le sanzioni verso due segretarie e una chimica, riducendo inoltre la confisca per l’ex responsabile delle vendite, che è stato condannato in via definitiva a 18 mesi di reclusione.

Seguici sui nostri canali