L'agenda 2025 di Piastra: i progetti della sindaca
Dalla rabbia con il presidente Atc per la poca attenzione alle popolari di Settimo Torinese al futuro (diverso) di Laguna Verde, "visione" ormai obsoleta.
L'agenda 2025 di Piastra: i progetti del sindaco per il nuovo anno.
L'agenda 2025 di Piastra
Intervista di Maurizio Vermiglio.
Sindaca Elena Piastra, il 2025 è appena iniziato: quali sono le grandi sfide che Settimo dovrà affrontare? Iniziamo dalle prime da vincere in ordine di tempo?
«Sono tre le grandi sfide del 2025. Innanzitutto, mettere a terra il programma per rendere la città più attrattiva per i giovani e le giovani coppie, “agganciando” l’elemento demografico: è importante anticipare questa dinamica. E si concretizza con un po’ d’azioni insieme. Una è il servizio nido partendo delle infrastrutture. A gennaio, il 27 per la precisione, aprirà l’ultima parte del nuovo nido e con gli ultimi posti per i più piccoli e così si azzera la lista d’attesa. L’altra sfida, ma è una partita più lunga, è quella di ridurre il costo del servizio nido fino ad arrivare alla gratuità. Sempre riguardo ai giovani ci sono delle azioni fiscali da mettere in campo, lavorando su determinate leve: penso ad una forte riduzione dell’Imu a cui agganciare anche la Tari ai proprietari che affittano immobili agli under 35».
Parlava di tre sfide. Quali sono le altre?
«C’è tutto il “pezzo” dell’abitare, molto complicato perché fatto di parti diverse iniziando dall’edilizia sociale per le fasce più in difficoltà. E su questo fronte abbiamo tre progetti. Uno è il “Dado” che entro fine marzo concluderemo. Parliamo di 10 alloggi, di cui almeno uno riservato alle fragilità mentali. Parallelamente prenderà vita il “cohousing" per uomini soli, in uscita del Fenoglio (parliamo di 4-5 persone). Infine, il segmento più difficile e complesso: il lavoro propedeutico per arrivare nei prossimi anni all’abbattimento e riqualificazione di via Foglizzo.
Poi, di pari passo ai progetti per la fragilità, c’è tutto un lavoro con i bandi tesi a ridurre il prezzo per l’accesso alla casa per i giovani; lavoro da fare con i privati, ovviamente, rivolto alle persone che non hanno problemi o sono in situazioni economiche fragili ma che hanno comunque difficoltà perché, magari, con contratti atipici; anche questo rientra nell’obiettivo di rendere Settimo sempre più attrattiva e a misura di giovani».
Ed entro il 2025 cos’altro atterrerà a Settimo?
«Beh, c’è la messa a terra dei Pnrr. Il primo già a gennaio con il Nido. Poi il Dado e la ristrutturazione della Pieve con la relativa fontana e riordino della viabilità. In autunno, poi, la conclusione degli uffici dei Vigili urbani e a fine anno la conclusione del cantiere della nuova scuola. Ad aprile iniziano i lavori per l’infanzia e il primo lotto è datato dicembre 2025: questa sfida è molto incanalata. Ma non è solo la conclusione delle opere in sé, che sono un obiettivo: il Dado, ad esempio, si porta dietro il bando delle liste delle casa popolari; la Pieve, invece, lo spostamento di alcune funzioni pubbliche e migliorie alla viabilità. La scuola al Borgo Nuovo ci porterà a pensare a nuovi modelli di gestione visto che sarà un centro civico e il Comando dei vigili urbani vuol dire lavorare con la “Olon” per il ridisegno dell’area per l’accesso al comando sesso. Tutte cose che si intersecano: sfide nelle sfide».
Ha parlato di Pnrr, a che punto siamo? L’Italia corre veloce: Settimo sta rispettando le scadenze?
«Sul Pnrr non registriamo nessun ritardo. L’ultimo cantiere è partito adesso a gennaio ed è il progetto di bonifica lungo il Po (sull’area Cantababbio, ndr) che attendeva da anni: sono 3 milioni di euro per un’area verde che avrà 5000 piante e un percorso ciclabile, il tutto verso il ponte di Castiglione. L’unico cantiere che mi preoccupa è il Comando dei vigili che non è un “Pnrr”, ma un “Piano Periferia”, che rispetto agli altri mi sembra più in sofferenza».
Si è tornato a parlare di Laguna Verde: ma è concretamente realizzabile? Politicamente, non rappresenta anche una sorta di “broadway” (strada, ndr) non più percorribile così come non c’è più rapporto con quel pezzo di politica con cui nacque il progetto?
«Oggi è un progetto completamente diverso dall’originale. Ci abbiamo lavorato per cinque anni nello scorso mandato. Non dimentichiamo che è una “visione” del 2006: un tempo infinito. Può avere ancora caratteristiche accettabili per oggi? La risposto è no. Al di là delle aspettative del privato. Nel 2006 si prevedeva il 50% dell’area in residenziale, una parte importante per il commerciale (dove oggi è ospitato l’Outlet) e un’altra che va verso il Villaggio Olimpia e poi il 5% per la ricerca. In totale, si prevedevano 8.000 residenti in più. Ripeto: progetto non più attuabile perché sono cambiate molte cose. L’intuizione era stata quella di un quartiere nuovo e che “parlasse” a Milano: offrire una vita a costo sostenibile per chi lavorava nel capoluogo lombardo. Modello poi che si è sviluppato nella prima cintura di Milano e Torino non è mai diventata quella soluzione. Città che non ha mai neanche voluto lavorare in tal senso: scegliere di portare una fermata di Italo o Freccia Rossa a Stura poteva andare in tal senso, ma non si è mai voluto dare importanza al nodo nord del capoluogo; non si è mai fatto. Sono passati quasi 20 anni dal progetto, ma non è mai diventato centrale neanche con l’Outlet. Da qui la decisione che non sarà un’area residenziale. Stiamo facendo valutazioni diverse. Non facili. Da inserire nel piano urbanistico: esclusa la soluzione residenziale, c’è chi spinge verso la logistica ma io non concordo perché non dà valore alla città. Di positivo per ora c’è il fatto che è partita la bonifica di Pirelli dell’area ed è già una buona notizia: lavori che dureranno tutto l’anno. Nel frattempo, lavoriamo proprio con Pirelli, per capire le loro proposte se sono accettabili: per ora nessuna è accoglibile. Ritengo che la variante Laguna Verde abbia un senso se porta valore aggiunto alla Città. In ogni caso, sarà un progetto diverso dal 2006».
Dunque, tornando alle «brodway» del progetto originale, ufficialmente si chiude quella «strada-ponte» col passato. Si chiude definitivamente un cerchio?
«Non ritengo che chiuda un cerchio. Ma ritengo che ci sia da tenere viva l’intuizione di non svalutare quell’area di accesso alla città, che ha un potenziale se non sbagliamo il “cosa fare”. E va difeso. Quello che si chiude, invece, è il progetto in sé, avveniristico ai tempi, superato oggi. Il principio politico va difeso: per questo l’area non deve essere lottizzata in piccole casette o in logistica avanzata o meno che sia».
Capitolo welfare, la Regione ha annunciato bus gratis agli Under 26 e lei a coloro che sono senza patente. Chi ha copiato chi? Battute a parte, com’è nata questa idea?
«Nasce dal progetto Tilde dell’Unione Net finanziato dalla Compagnia di San Paolo teso a conciliare lavoro - donna, quelle donne che faticano a restare nel mondo professionale quando hanno dei bimbi piccoli: quasi il 40% di loro si licenzia dopo il secondo figlio e poi c’è una fase in cui si tenta di rientrare ed lì, la difficoltà. E’ uno dei motivi è il non avere la patente. E cosa possiamo fare? Con “Tilde” accompagniamo anche a prendere il titolo di guida, ma il Comune non è che può fare questo. Però, per chi non ha la patente, possiamo dare un contributo attraverso i trasporti: così è nata l’idea. Ora, però, la proposta va affinata: c’è chi ha la patente ma non ha l’auto».
Dunque, nessuno ha copiato nessuno…
«Trovo interessante anche la proposta per gli Under 26 della Regione ma noi sulla quella fascia interveniamo con l’Isee, ma se c’è uno strumento in più ben venga. Ma allargando la visione, il 2025 è un anno delicato perché si andrà a gara sul trasporto su gomma e stiamo lavorando su questo, per avere un piano che connetta non solo i comuni con Torino; ma anche i comuni tra loro, in modo orizzontale. C’è chi abita a Leini o Volpiano che magari ha la necessità di raggiungere a Settimo per la futura Casa di Comunità, e senza bus come fa?».
Ne ha parlato in precedenza, ma davvero pensa sia possibile spostare da via Foglizzo un così alto numero di famiglie per due o tre anni dalle loro case Atc per farle poi ritornare in abitazioni nello stesso luogo ma nuove di zecca?
«Via Artom a Torino dimostra di sì. Che è possibile farlo. L’assessore Tricarico ci è riuscito. La storia dice che si può fare ma che sia facile no. E allo stesso tempo capisco che è un tema di facile strumentalizzazione e complesso da fare e spiegare. E’ una di quelle questioni per le quali o decidi di attestarti una battaglia o oppure tutto rimarrà sempre com’è; e io protendo per la prima azione. Quelle case non possono rimanere così come sono; scopro oggi che tutti sono grandi esperti di alloggi popolari e che tutti conoscono quelle abitazioni! Io sono convinta che c’è un potenziale di sviluppo, ma se la politica rinuncia in partenza, il mondo non lo cambi mai. Quelle case dovevano essere utilizzate per 20 anni: è solo responsabilità mia se sono ancora lì? O anche del presidente di Atc e del sindaco di Torino. C’è chi conosce l’area e chi no: sono state concentrare in un solo quartiere 360 famiglie, in difficoltà, alcune delle quali vivono in case bellissime ma altre no. Ci sono anche capacità di reazione e di riscatto molto più potenti che altrove, c’è molto rispetto da parte mia per quell’area che sarebbe comunque un problema da affrontare in qualsiasi città, non solo a Settimo. Il 15 gennaio ci sarà un primo incontro con la parte tecnica della proprietà di Torino per iniziare a pensare al progetto».
Con Atc intende?
«Sì, e le dico che sono arrabbiata con Atc, non solo per la scarsa manutenzione ma anche per la scarsa attenzione nonostante Settimo sia in Italia tra le città con più case popolari. E tra i tanti problemi, quello che mi fa arrabbiare è la totale assenza “fisica” sul territorio dell’Ente. Il presidente si è visto solo il 22 dicembre quando, purtroppo, è morta la signora all’interno di un’abitazione per un incendio. E prima di quell’evento non ha mai partecipato, nonostante gli inviti, alle Commissioni consiliari sul tema, solo perché andavamo al voto e non lo riteneva opportuno; questa la sua giustificazione. Poi, con la sua presenza come avrebbe potuto spostare il voto non lo capisco ancora adesso. E’ la totale volontarietà a non voler cambiare le cose, a far prendere certe decisioni. Mi auguro che il presidente nuovo sia più presente. Quando la Lega locale polemizza, ricordo che dagli anni ‘60 manca un Piano casa nazionale e oggi chi è il Ministro con questa delega? Salvini. Al quale non ho mai sentito dire nulla sull’edilizia sociale. Parla di ponti, di cose che non gli riguardano. Decide a che velocità si debba viaggiare nei comuni, ma sulla principale emergenza nazionale - la casa - non ha mai detto una parola. E Settimo, anche in questo caso, può essere pionieristica se a livello locale parliamo con una voce coesa: con mediazione e investimenti (nostri) si può fare. Mi metto a disposizione: magari non le farò io quelle case, ma che almeno si inizi il percorso».
E poi il capitolo sport. A giugno 2025 ci sarà il bando per l’assegnazione del Valla? Ma non di solo Pro Eureka vive Settimo… e per gli altri impianti (non solo calcistici) cosa ha in serbo?
«Più d’uno saranno i bandi che riguarderanno gli impianti sportivi. I primi sei mesi saranno impegnativi, perché sono 6 o 7 le strutture da assegnare. La questione a cui si riferisce nella sua domanda è stata strumentalizzata. Punto. Da parte di tutti. Tecnicamente non c’è nessuna discussione. C’è un concessionario che ci ha chiesto di poter usare lo spazio fino a giugno 2025.
L’unica cosa che non si può fare è pensare di usare l’opinione pubblica per piegare le norme. La norma è chiara. Le richieste sono sempre lecite. Ora lavoreremo per le procedure di sei impianti, compreso il Valla. E poi la gara sulla mensa, nido, centri estivi, pre e post scuola, teatro, suoneria. Tutti entro i primi sei mesi dell’anno».