Decreto Sostegni-bis: esenzione Imu per le case interessate dal blocco sfratti, ma ci sono brutte notizie per i lavoratori
Il punto di vista della deputata torinese Jessica Costanzo (L’Alternativa c’è)
Comincerei con una buona notizia. Grazie all’approvazione di un mio emendamento al Decreto Sostegni-bis i proprietari di case interessate dal blocco sfratti - e che quindi non hanno potuto rientrare in possesso dei loro immobili nonostante la convalida di morosità da parte dei tribunali - saranno esentati dal pagamento dell’Imu per tutto il 2021. La misura include inoltre il rimborso della prima rata dell’Imu 2021, per coloro che l’hanno pagata il 16 giugno scorso. Questa esenzione dal pagamento dell’Imu riguarderà i proprietari di case oggetto di sfratto e che hanno ottenuto la convalida per morosità sia prima che dopo la data del 28 febbraio. È una novità molto importante, prima di tutto una norma di buon senso, per cui mi sono battuta da tempo e che finalmente ha ottenuto il via libera dal Governo.
Ricordo che l’esecuzione degli sfratti era stata sospesa fino al 30 settembre 2021 per gli sfratti dichiarati esecutivi tra il 28 febbraio e il 30 settembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021 per quelli emessi dal 1 ottobre 2020 al 30 giugno 2021. Non ho mai condiviso quest’impostazione: a mio avviso è giusto e doveroso tutelare i piccoli proprietari, cioè chi magari ha come unica e piccola fonte di reddito il provento di un affitto, e non ha certo grandi patrimoni o numeri di immobili da capogiro. Non potevamo continuare ad avallare un meccanismo per cui una fascia della cittadinanza diventava ammortizzatore sociale. Ora, se non altro, si evita che oltre al danno di non poter rientrare in possesso delle abitazioni, i proprietari di immobili in affitto dovessero subire anche la beffa del pagamento dell’Imu. Quindi un segnale importante.
Purtroppo però l’impianto del Decreto Sostegni-bis resta largamente insufficiente, e contiene alcune norme molto pericolose, chiaro segnale di un cambio di visione politica rispetto alle maggioranze precedenti.
Mi riferisco anzitutto allo sblocco dei licenziamenti, che ha già iniziato a sortite i suoi effetti nefasti, come dimostra la vicenda Gkn e i suoi 422 lavoratori. Sembra proprio che la pressione estenuante di Confindustria abbia sortito i suoi effetti anche sul fronte dei contratti a termine: con un emendamento targato Pd si è di fatto smantellato l’impianto del Decreto Dignità approvato tre anni fa e si tornano a liberalizzare i contratti a tempo determinato.
Il Decreto Dignità aveva introdotto l’obbligo per qualunque datore di lavoro di comunicare per scritto i motivi - le cosiddette “causali” - per cui decideva di assumere un lavoratore a tempo determinato anziché a tempo indeterminato. Questa norma costringeva di fatto il datore di lavoro ad avere dei motivi reali e concreti per preferire un lavoratore precario a un lavoratore stabile. Mancando questi motivi, il datore era costretto ad assumere a tempo indeterminato.
Ora invece, con l’emendamento presentato dal deputato Viscomi, i contratti collettivi di qualunque livello (nazionali, ma anche aziendali e territoriali, quindi anche i contratti “pirata”) potranno introdurre nuovi motivi per assumere a tempo determinato, utilizzabili dai datori di lavoro. Una mossa che avrà un unico risultato: aumentare la precarietà e l’insicurezza dei lavoratori, già provati da un anno e mezzo di sacrifici.
Jessica Costanzo