Processo

"Schiave del crack": si prostituivano senza sosta in cambio della droga

L'indagine era partita nell’aprile 2021, in seguito alla denuncia di una studentessa settimese: ora sono arrivate tre condanne

"Schiave del crack": si prostituivano senza sosta in cambio della droga
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In quell’appartamento di via Urbino a Torino si davano vita a continui festini «a luci rosse».

Immagine d'archivio

Si prostituivano in cambio di droga

Ad organizzarli una transessuale, una certa Monique (al secolo Sergio G.), da poco condannata a 2 anni e 8 mesi di reclusione con rito abbreviato e a una multa di 3mila euro.

A prostituirsi studentesse e casalinghe in cerca in parte di denaro «facile» ma soprattutto di droga. Crack nello specifico: una sostanza stupefacente che si genera miscelando cocaina in polvere con del bicarbonato di sodio o ammoniaca.

Perché la maggior parte delle «squillo» il denaro che riusciva a intascare lo investiva immediatamente in dosi, visto che erano totalmente dipendenti dal crack. A tal punto da poter fare festini della durata di 22 ore, dalle 19 della sera prima alle 17 del pomeriggio successivo. Per 700 euro di crack consumati durante le stesse ore passate «a servizio» dei numerosi clienti, alcuni anche contemporaneamente in una sorta di orgia.

La denuncia di una studentessa settimese

Una vicenda denunciata quasi tre anni fa - era l’aprile 2021 - ai carabinieri della Tenenza di Settimo Torinese da una giovane studentessa settimese di psicologia, all’epoca dei fatti 19enne, che ha fatto scoprire l’intero «giro», dove erano «attrici protagoniste» anche altre ragazze e donne della nostra zona così come dell’hinterland Torinese.

Di qui l’indagine, che ha portato ad eseguire un’ordinanza di applicazione di quattro misure cautelari personali (due in carcere, una ai domiciliari e un divieto di dimora) emesse dal gip del Tribunale di Torino su richiesta della locale Procura della Repubblica - Gruppo di Criminalità Organizzata e Sicurezza Urbana, tutte indiziate di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le testimonianze: "Schiave del crack"

I militari avevano scoperto come il crack veniva reperito da Monique attraverso una rete di spacciatori di zona, con l’attività di prostituzione che non si era fermata neanche durante la pandemia. I rapporti sessuali avevano costi diversi a seconda della tipologia e del tempo impiegato: «prima facevamo e prima fumavamo», ha spiegato durante il processo la studentessa mentre lei e altre donne hanno spiegato come quasi tutte fossero «schiave del crack»: «Ci prostituivamo solamente per quello. Quando inizi ad assumere crack non ne puoi fare più a meno».

Alcune vivevano anche per giorni da Monique, in precarie condizioni igieniche: «Non pagava le bollette. Non avevamo corrente. L’acqua era gelida. Il cane faceva i bisogni in casa. Eppure era un continuo via-vai di clienti. Io una volta sono rimasta da lei per quattro giorni e ho assunto crack praticamente ogni ora. E dove mangiavo? Andavo alla Caritas», questo il sunto della maggior parte dei racconti in aula di tribunale a Torino.

Assolti invece i due «assistenti» della transessuale mentre altre due persone sono state condannate.

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