Settimo

Morto l'autista della strage del bus Erasmus in cui morì la figlia del dottor Saracino

Era l'unico imputato per l'incidente in cui persero la vita 13 studentesse ma per i familiari "i veri colpevoli non sarebbero stati comunque in quell'aula"

Morto l'autista della strage del bus Erasmus in cui morì la figlia del dottor Saracino
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Sono passati poco più di 7 anni dal tragico incidente di Tarragona, quando un autobus finì fuori strada a Freginals, in Spagna, andando a schiantarsi contro il guardrail auostradale e provocando la morte di 13 studentesse in Erasmus, di cui 7 italiane. Tra queste anche la torinese Serena Saracino, figlia di uno storico medico di famiglia settimese che da lì a poco decise, dopo circa 30 anni di onorata carriera, di lasciare la professione.

Troppo grande il dolore e impossibile per lui il ritorno alla "vita di prima". Ferma invece la volontà di dedicarsi alla battaglia legale e di sensibilizzazione che, insieme ai parenti delle altre giovani vittime, aveva intrapreso per rendere più sicuri i soggiorni Erasmus.

Da allora Settimo in più occasioni ha espresso la sua vicinanza alla famiglia Saracino e la sua voglia di tenere viva, attraverso varie iniziative, la memoria di Serena e delle altre vittime.

Il dottor Alessandro Saracino e sua moglie Antonietta, genitori di Serena, nel 2017 in occasione dell'inaugurazione degli alberi piantumati in memoria delle 13 vittime dell'incidente

Una doccia gelida per le famiglie

Ora per la famiglia Saracino e per tutte le famiglie coinvolte in questa terribile vicenda è arrivata una nuova doccia fredda. Dopo anni di processo, tra lungaggini, scioperi e disguidi di vario genere, sfuma definitivamente la speranza di avere un epilogo della vicenda giudiziaria.

Un infarto ha infatti ucciso, all'età di settant'anni, Santiago Rodriguez Jimenez, l'uomo che quel 20 marzo del 2016 conduceva il pullman finito fuori strada e unico imputato dalle autorità spagnole per quella strage. Un decesso che chiude forzatamente quindi il processo, senza il riconoscimento di alcuna responsabilità penale. Lo scorso autunno, Rodriguez Jmenez aveva acconsentito, con l’accordo di tutte le parti, a uno sconto di pena in cambio dell’ammissione della propria responsabilità (azione analoga, nell'ordinamento spagnolo, al patteggiamento italiano). Ma questa decisione non era stata ancora ratificata da un giudice.

Il decesso dell’autista (che quella notte si addormentò al volante, ed era l’unico conducente in servizio per un viaggio molto lungo) è arrivato prima di quell’udienza.

La lettera dei familiari delle vittime

Per comunicare questo ultimo triste capitolo i familiari delle vittime italiane hanno scritto una lunga e commovente lettera, in cui non fanno mistero del fatto che a loro avviso Jimenez non fosse l'unico effettivo responsabile di quanto accaduto ma semmai l'ultima "tessera2 di un "domino" difettoso. Ecco le loro parole:

"Sette anni dopo nello stesso periodo dell’anno in cui le nostre ragazze sono mancate, ci ha raggiunto la notizia della morte di Santiago Rodriguez Jimenez, l’autista. Stroncato da un infarto. Finisce quindi la nostra storia giudiziaria. Non sarà emesso nessun verdetto perché la responsabilità penale è personale.

Nell’autunno del 2022 avevamo preso tutti insieme una decisione sofferta e difficile, acconsentendo ad un patteggiamento con l’emissione di una sentenza di condanna dell’autista; il quale, in cambio di uno sconto di pena, avrebbe ammesso finalmente la sua responsabilità. Un lungo lavoro di contatti e mediazione svolto di nostri legali in Spagna, che aveva portato all’adesione di tutte le parti civili e dello stesso imputato. Ci era stato comunicato che uno sciopero di due mesi dei segretari giudiziari aveva impedito la fissazione dell’udienza di patteggiamento, ma che la data era vicina ed il Pm aveva già depositato la relazione per il Tribunale con i termini dell’accordo di patteggiamento. Non era stato facile per noi decidere: qualcuno esitava, qualcuno era contrario. Ma dal 20 marzo 2016 siamo diventati un po’ come una grande famiglia e alla fine la scelta è stata presa e comunicata in Spagna.

Questa vicenda ci ha portato via troppo, ma la dignità ci è rimasta: ci siamo rifiutati di subire per anni un processo che non ne voleva sapere di partire. Abbiamo perso fiducia in un paese dove l’esercizio della giustizia dipende dalla capienza e dal numero delle aule o dalle rivendicazioni sindacali pur legittime di un segretario. Uno stato in cui il risarcimento delle vittime di sinistri stradali vale meno di quello di altri sinistri, per non pesare sulle compagnie assicurative. Quindi, meglio uscirne prima possibile, per non subire più. Nemmeno questo è stato possibile. Ci resta solo la notizia che l’autista avrebbe patteggiato: è la nostra unica non sentenza".

"I veri colpevoli"

E la lettera prosegue:

Vogliamo però ricordare, per chiudere il capitolo più doloroso delle nostre esistenze, quanto abbiamo sempre sostenuto: i veri colpevoli non sarebbero stati comunque in quella aula. Nessun segretario in sciopero gli avrebbe notificato un mandato di comparizione. La società di trasporti che aveva consentito ad una persona non più giovane e con problemi di salute di fare un viaggio troppo lungo senza un sostituto; l’associazione studentesca (ospitata e sponsorizzata da un ateneo che poi si è dissociato) rea di aver organizzato una gita nella quale degli autisti dovevano viaggiare e stare svegli per più di 24 ore consecutive; il rappresentante dell’associazione stessa che la mattina aveva ripreso l’autista vedendolo incline a colpi di sonno, ma che dopo la mezzanotte aveva fatto salire su quel pullman 50 persone, senza chiedere una sostituzione alla guida. Le autostrade spagnole, i cui guard-rail erano e sono tanto tanto vecchi.

Fossero stati anche tutti puniti, le nostre figlie non ci sarebbero comunque più. Il nostro appello è rivolto a coloro che hanno responsabilità e che possono fare in modo di cambiare le cose, esercitando maggiori controlli su chi spende il loro nome; disciplinando una volta per tutte il trasporto di persone senza avere paura di toccare interessi economici; stabilendo regole uniformi di risarcimento del danno che valorizzino la vita e inducano a condotte prudenti. Solo così l’Europa di cui le nostre figlie si sentivano cittadine, potrà essere un posto sicuro e giusto. Per parlare di questo e costruire, ci saremo sempre. Per rivangare e rivendicare no. La corsa è finita. Questo lo dobbiamo a Elena, Elisa ed Elisa, Francesca, Lucrezia, Serena e Valentina".

Qualche giorno prima il ricordo dell'UniTo

Alcuni giorni fa, in concomitanza con il triste anniversario, l'Università di Torino ha ricordato Serena, studentessa di Farmacia UniTo, e le 13 studentesse che persero la vita in Spagna durante il programma Erasmus. Il Rettore Stefano Geuna, la Prorettrice Giulia Carluccio e tutta la comunità universitaria hanno rinnovato il cordoglio alla famiglia e si sono stretti intorno agli amici di Serena.

"Per non dimenticare - hanno fatto sapere dall'Università torinese - l’Ateneo continua a sostenere e promuovere i valori della condivisione e dello scambio di saperi ed esperienze attraverso l’Erasmus e numerosi programmi di mobilità internazionale".

 

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