La 'ndrangheta resiste e mette in campo nuove leve sul territorio
C'è anche San Mauro Torinese nell’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia
Nonostante le maxi inchieste, le centinaia di arresti e le condanne (molte delle quali passate in giudicato) la criminalità organizzata calabrese continua ad avere un importante predominio in Piemonte e sulla provincia di Torino. Emerge dall’ultima relazione semestrale che la Direzione Investigativa Antimafia ha presentato al parlamento. Si fanno non solo nomi e cognomi, ma si citano anche territori e “locali”, come quello di San Mauro Torinese. Lo racconta il settimanale La Nuova Periferia di Settimo.
La relazione della Direzione Investigativa Antimafia
Locale di Siderno a Torino, Locale di San Mauro Torinese, Locale di Volpiano, Locale di Chivasso... Nomi e definizioni cui, nel corso dell’ultimo decennio, siamo stati costretti ad abituarci. Sono soltanto alcuni di quelli che sono indicati, per la provincia di Torino, in una mappa dettagliata della relazione semestrale sul 2022 (primo semestre) redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia che è stata pubblicata pochi giorni fa.
Una infiltrazione silenziosa che dura da decenni
Una relazione al Parlamento sullo stato dell’arte della criminalità organizzata in Italia e, con un ampio capitolo dedicato, al Piemonte e alla provincia di Torino. E’ proprio questo il territorio che, come dimostrano le numerose maxi-inchieste che si sono susseguite nel corso degli anni, la criminalità di stampo ‘ndranghetista ha scelto per «stabilizzarsi» lontano dalla Calabria già a partire dagli anni ‘60, quelli delle grandi migrazioni dal sud Italia.
Una vera e propria infiltrazione silenziosa che ha saputo consolidarsi e radicarsi nel corso dei decenni, come evidenziano le parole degli inquirenti. Una criminalità diversa da quella raccontata nei film in cui alle sparatorie si preferisce un altro genere di azione criminale, quella che punta ad accumulare beni e ricchezze. «Le attività investigative eseguite negli ultimi anni - scrivono gli inquirenti - mostrano come la ‘ndrangheta, nei territori del distretto piemontese, tenda ad agire sottotraccia, preferendo l’infiltrazione silente ad azioni violente.
Recente conferma circa la penetrazione del tessuto socio-economico da parte delle organizzazioni calabrese perviene dagli esiti dell’operazione Platinum-Dia del maggio 2021, con l’esecuzione di 33 misure restrittive».
«Le attività investigative concluse negli ultimi anni indicano come la ‘ndrangheta, nei territori del distretto - si spiega -, esprima “locali” e “ ‘ndrine distaccate” strettamente collegati alla Calabria ma dotati di autonomia operativa».
A Torino, per esempio, nel corso degli anni è emersa l’attività di diversi “locali”, e così vale anche per la provincia dove se ne contano molteplici: «il locale di Platì a Volpiano attivato dai Barbaro e da alcuni affiliati al cartello Trimboli - Marando - Agresta di Platì [...[], il locale di Cassari di Nardodipace a Chivasso costituito dai Gioffrè - Santaiti e dai Serraino di Reggio Calabria e Cardeto, dai Pesce - Bellocco di Rosarno e dai Tassone i Cassardi di Nardodipace...». Ma anche quello di «San Mauro Torinese a capo del quale ci è la “ ‘ndrina” Crea, riconducibile al sodalizio Crea - Simonetti originario di Stilo (RC)».
Una criminalità che si «rigenera» e supera gli ostacoli giudiziari
Verrebbe da chiedersi come mai, di fronte a un decennio di maxi inchieste e operazioni che continuano, ancora oggi, a sgominare sodalizi criminali, il fenomeno criminale non sia stato ancora arginato o del tutto debellato. Lo spiegano bene gli investigatori nella loro relazione, offrendo un quadro particolarmente inquietante che traccia la capacità di questo genere di criminalità di plasmarsi guardando al futuro e superando gli «ostacoli» giudiziari.
«Pur seriamente colpita con numerosi arresti e condanne - si legge quindi nella relazione semestrale della Dia (pagina 212, ndr) -, la criminalità calabrese continua a mantenere significativo il proprio potere, dimostrando grande dinamismo e assoluta capacità di rigenerarsi permettendo così l’affermazione di leader di nuova generazione. Gli ambiti in cui opera la ‘ndrangheta in Piemonte e in Valle d’Aosta afferiscono al traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni e all’usura, nonché alle truffe», ma non solo.
«Si inserisce inoltre nei settori finanziari leciti allo scopo di effettuare operazioni di riciclaggio di capitali illecitamente acquisiti nel campo dell’edilizia sia pubblica, sia privata, con particolare interesse alla partecipazione nell’appalto di grandi opere»
I legami e gli intrecci con la politica del territorio
Una capacità di penetrazione nel tessuto sociale ed economico che non lascia intatta la politica, tanto che è stata evidenziata in più occasioni a livello piemontese «il coinvolgimento di rappresentanti politici, accertando come i candidati alle competizioni elettorali, consci del potere acquisito da soggetti affiliati o contigui ai sodalizi mafiosi nei confronti di parte della popolazione (specialmente se corregionali), cerchino apertamente il loro appoggio per il risultato elettivo. E’ stata spesso osservata anche la commistione tra esponenti della criminalità calabrese e rappresentanti dell’imprenditoria locale».
Lo scenario torinese
«La provincia di Torino evidenzia un contesto delinquenziale particolarmente articolato e variegato, caratterizzato dalla compresenza di gruppi criminali autoctoni ed allogeni. Tali sodalizi, tuttavia, appaiono ricoprire un ruolo di secondo piano rispetto a quello principale interpretato dalla ‘ndrangheta», è l’amara conclusione della relazione sulla provincia di Torino che ancora non riesce a liberarsi dal peso di questo genere di organizzazione criminale che ha affondato le sue ormai solide radici nel territorio ormai decenni fa e che oggi, con le «nuove leve» criminali, punta a guardare ancora al futuro.
Le parole di Masciari, testimone di giustizia
Ci sono, però, delle reazioni da segnalare. Come quella di uno dei volti più noti - ormai strettamente legati al nostro territorio - che quotidianamente si battono contro la criminalità. In questo caso parliamo di Pino Masciari, testimone di Giustizia che ha stravolto la sua vita per denunciare i soprusi subiti dalla criminalità. «La pubblicazione dell’ultima relazione della DIA, semestre gennaio giugno 2022, ha fatto crescere in questi giorni, sulle pagine dei giornali, il livello di attenzione sul fenomeno della criminalità organizzata. Pare che su tutto il territorio nazionale, rispetto al primo semestre del 2021, percentualmente ci sia un netto decremento dei vari reati di tipo mafioso (associazione a delinquere, reati ex art. 416 bis ecc.). Addirittura, al Sud il numero di estorsioni e i reati di usura risultano in flessione! La DIA chiosa questo dato ipotizzando che potrebbe trattarsi della sempre più raffinata capacità della criminalità organizzata di mimetizzarsi, nascondendosi “entro i confini di una imprenditorialità solo apparentemente legale”. Indubbiamente questa è una spiegazione plausibile, perché il livello di infiltrazione nei vari settori della pubblica amministrazione, dell’economia, sappiamo essere alto. Credo che questo dato vada anche letto insieme alla mancata denuncia da parte di chi è conoscenza e trova più conveniente stare dalla parte del malaffare, ma anche di chi pur subendo minacce, estorsione, racket, usura, non trova il coraggio di farsi avanti perché teme di rimanere solo e indifeso».