Il Po in emergenza, tra Settimo e Castiglione l’acqua non «sfiora» gli 80 centimetri
Ecco come sta il grande Fiume sul nostro territorio
Il Po in emergenza, tra Settimo e Castiglione l’acqua non «sfiora» gli 80 centimetri.
Fiume Po
Il fiume Po è di nuovo in una condizione di emergenza. A poco, se non proprio a nulla, sono servite le (poche) precipitazioni piovose che si sono registrate nell’ultimo mese. Il livello del grande fiume è sempre più basso e ancora una volta fa toccare i suoi minimi. Quella che sembrava essere un’emergenza siccità estiva ormai archiviata, in realtà, torna a riproporsi anche quest’inverno. E’ dei giorni scorsi la notizia che il Piemonte è stata classificata come la regione europea peggiore in termini di siccità per gli ultimi 12 mesi.
La situazione
E non serve consultare carte per rendersi conto della situazione in cui versa il nostro territorio, con alcuni tratti del fiume Po (in particolare tra San Mauro, Castiglione e San Raffaele) che appaiono addirittura in secca.
Come accade in un tratto del «Grande Fiume», quello compreso tra Settimo e Castiglione. E’ qui che, scendendo fino ai pilastri del ponte che collega i due comuni, che si può notare come l’asta idrometrica segni a malapena gli 80 centimetri. Esageratamente meno di quelli cui si era abituati, in questo periodo dell’anno, almeno fino a circa 5-6 anni fa.
Una situazione che preoccupa gli addetti ai lavori, gli scienziati e soprattutto il mondo degli agricoltori del territorio che, evidentemente, nelle acque del Po vedono una vera e propria risorsa idrica per le proprie coltivazioni.
L'analisi
«La situazione è molto più preoccupante rispetto a quella che abbiamo vissuto negli anni passati». Non usa mezzi termini Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino. Nonostante anche le nevicate che si sono registrate in quota nell’ultimo periodo e che avrebbero dovuto costituire un vero e proprio «toccasana». Niente di tutto questo, anzi. «Le nevicate che ci sono state in montagna - aggiunge Mecca Cici - sono state rese vane dall’inversione termina che, di fatto, ha fatto sparire tutta la neve».
«Il nostro territorio - continua - arriva da due anni, e non di più, di siccità, le falde non prendono più acqua e quel fenomeno cui siamo stati sempre abituati di innalzamento soprattutto in vista della stagione primaverile, ormai non si verifica più». «La problematica è vera ed è sotto gli occhi di tutti, basti pensare che da giorni in montagna è necessario l’impiego delle botti per portare acqua in quota, è incredibile».
Con evidenti effetti per il territorio e per l’agricoltura. L’unico sistema è quello di rimpinguare le falde proprio con l’acqua dei fiumi, ma se i livelli dei corsi d’acqua sono già così estremamente bassi, come si fa a contrastare queste reali difficoltà?
«Non si riesce a irrigare - conferma Bruno Mecca Cici -. I terreni sono sempre più secchi. In montagna e in quota, ormai, non ci sono più invasi».
«Ci confrontiamo costantemente - spiega il presidente di Coldiretti Torino - con i nostri soci che sono evidentemente molto preoccupati. Il vero problema di fondo è che trovare una soluzione definitiva è particolarmente difficile. Per noi il punto su cui lavorare insistentemente e con convinzione è quello degli invasi, quindi anche l’ipotesi di associare ai pozzi anche alcune tecniche di irrigazione virtuose. Di ipotesi ne sono state avanzate tante, è vero, ma bisogna sempre calibrare azioni e tecniche al tipo di terreno sui quali intervenire. Una soluzione adeguata a una certa coltivazione potrebbe non esserlo per un altro genere di raccolto».
Per Mecca Cici, quindi, «ogni soluzione va studiata sulla tipologia del territorio e soprattutto del terreno, e ancora sulla loro posizione. Sono tante le aziende agricole che stanno cercando di attrezzarsi per mettere in campo tecniche di irrigazione virtuosa, ma laddove non sia possibile bisogna allora avviare una collaborazione con chi gestisce gli invasi e le strutture già presenti sul territorio». Ed è evidente che, ancora una volta, il rapporto tra i coltivatori e la politica torna in primo piano. Perché tante volte Coldiretti e gli stessi operatori del settore hanno inoltrato alle istituzioni numerose segnalazioni e altrettante sollecitazioni. «Speriamo che in qualche modo la politica inizi ad ascoltarci per gestire le acque tutti insieem. Oltre alla gestione condivisa chiediamo ancora che ci sia condivisione anche sulle concessioni e che ci sia una decisionalità sui periodi di irrigazione».
Eppure con l’emergenza siccità dello scorso anno alcuni stanziamenti sono arrivati anche sul nostro territorio: «Speriamo che azioni di questo genere possano perdurare nel tempo, diversamente la politica sarebbe miope di fronte a un problema così grave. Quelli che sono stati stanziati vanno utilizzati il prima possibile e soprattutto nel migliore dei modi. Vanno messe in campo le migliori professionalità per rispettare le tempistiche previste e per raggiungere l’obiettivo principale, quello di mantenere lo status quo dell’ambiente». «Quello che spiace - conclude Bruno Mecca Cici - è che già dieci anni fa circa Coldiretti aveva proposto un progetto finalizzato alla creazione di molti piccoli invasi sul territorio, ma nessuno ci ha mai dato ascolto. La politica, e noi vigileremo affinché questo accada - deve ragionare su questi temi per salvaguardare il mondo dell’agricoltura».
E, infine, un nuovo auspicio a collaborare tutti insieme: «Sul territorio siamo ovviamente presenti e collaboriamo, oltre che con i nostri soci, anche con le amministrazioni del territorio e i vari enti di riferimento. Ci troviamo di fronte a una nuova emergenza, sarebbe stolto non lavorare tutti insieme per uscirne nel migliore dei modi».