L'intervista

Dopo l'ultima chemio è iniziata la mia "metamorfosi"

Diego Faggiani, 27 anni, ha trovato un senso dove un senso non c'è, e ha trasformato il suo calvario personale in un'occasione di crescita. Per se stesso e per gli altri.

Dopo l'ultima chemio è iniziata la mia "metamorfosi"
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Dopo l'ultima chemio è iniziata la mia "metamorfosi". E così, Diego Faggiani, 27 anni, ha trovato un senso dove un senso non c'è, e ha trasformato il suo calvario personale in un'occasione di crescita. Per se stesso e per gli altri. Così, è nato il progetto Metamorphosis, appunto, che unisce sport, condivisione ed energia pura. La stessa energia che il giovane trasmette quando ripercorre la sua storia: dopo la tempesta, è riuscito a vedere l'arcobaleno.

Dopo l'ultima chemio

Diego, quando è incominciata la sua «Metamorfosi»?

«Nel 2020, quando a 23 anni ho scoperto di avere un problema di salute dovuto ad un carcinoma. In quel momento mi sono reso conto del valore della vita, dell'amore, della famiglia, degli amici e del tempo che abbiamo. Quando prendi consapevolezza di quello, cerchi di sfruttarlo al meglio e di condividere la tua migliore versione. Lì, sta la metamorfosi».
C'è un momento particolare in cui ha acquisito questa consapevolezza?
«Ricordo l'ultimo giorno di chemioterapia, che mi porterò dietro per sempre. Era aprile, in pieno Covid. Esco dall'ospedale piangendo dalla gioia. Guardo mia mamma e le dico “non mi lamenterò mai più nella mia vita”. Vede, queste situazioni ti fanno capire quali sono i veri problemi. Durante le chemio, facevo casa-ospedale, ospedale-casa. Senza avere contatti con le persone. Quando ricominci a vivere, quando torni a gustare di nuovo il sapore della pizza, è come se ti svegliassi. A quel punto mi sono detto “voglio fare del mio meglio non solo per me, ma anche per gli altri”. Questo credo sia l'amore».

Così, un passo alla volta, è nato il progetto Metamorphosis. Giusto?

«Esatto. È un po' la mia creatura. L'obiettivo è condividere emozioni con le persone che amano o hanno passione per lo sport. Possono essere emozioni sportive ma non solo, perché parliamo di persone che si uniscono e condividono la loro crescita. Eravamo partiti con un primo evento a cui hanno partecipato in 20, poi 50. Adesso, piano piano, stiamo crescendo».
Domenica scorsa avete partecipato alla Corrisanmauro, promuovendo la raccolta fondi per Candiolo. Come è nata l'idea?
«Era da tempo che avevo intenzione di organizzare una gara benefica. Poi l'anno scorso, ad agosto del 2024, ho deciso di mettermi in gioco e ho scritto a Luca Rivoira, presidente del Consiglio comunale. Gli ho raccontato la mia idea e lui mi ha subito messo in contatto con il presidente dell'OlimpiAtletica, a cui è piaciuta la mia proposta. Così, ho fatto da “intermediario” tra la società e Candiolo. Il mio obiettivo era sensibilizzare la ricerca contro il cancro. Malattia che, purtroppo, oggi tocca tutti».

Non solo beneficenza ma anche una menzione speciale a Roberto Toma, a cui ha deciso di dedicare la gara…

«Sì. Posso dire di avere vissuto Roby in due periodi. È stato il mio migliore amico alle elementari e alle medie. Poi, crescendo, nell'adolescenza ognuno ha preso la propria strada. Quando sono entrato in ospedale per fare la prima chemioterapia, me lo sono trovato davanti. E mi sono detto “Perché qui?”. Mi ha insegnato tanto. Aveva un'energia che trasmetteva pace, mentre io non ero così. Ricordo che ci eravamo promessi una pizza che saremmo dovuti andare a mangiare alla fine di tutto. Per quello che abbiamo passato insieme, ho voluto dedicare a lui, e alla sua famiglia, questa corsa. Per me è il mio angelo».

Senta Diego, adesso quali sono i suoi progetti?

«A stretto giro, Metamorphosis diventerà un progetto ancora più grande. E partirà da Settimo. Questo sarà possibile grazie ad un team di persone che voglio ringraziare: mia sorella Daniela, la mia fidanzata Gaia, i miei migliori amici e cofondatori del progetto, Pierpaolo e Gianluca. Loro ci sono sempre stati e mi hanno sostenuto dall’inizio».

Insomma, è focalizzato sulla sua “creatura”.

«Giusto. Quando trasmetto energia e vedo che alle persone piace, dico “Ho vinto”. Anzi, abbiamo vinto. Io non ho mai voluto mostrarmi come vittima, perché non lo sono. Ci sono miliardi di persone che hanno attraversato il mio stesso inferno. Posso dire che ce l'ho fatta e che so cosa significa la vita. Sono qui, vivo, e al posto di tirare fuori la peggiore versione di me, mostro la migliore. E cerco sempre di rispondere con amore».

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