"Dopo aver saputo che Andrea è morto di pertosse i genitori sono ancora più sconvolti"
Parla l'avvocato della famiglia del 12enne di Castiglione, portiere del Gassino San Raffaele, morto lo scorso febbraio
Una grave insufficienza respiratoria, causata da una pertosse. Questa la causa della morte di Andrea Vincenzi, il 12enne di Castiglione Torinese, portiere del Gassino San Raffaele, avvenuta nel febbraio scorso all’ospedale Regina Margherita di Torino dopo che, per ben due volte, nei giorni precedenti, i suoi genitori lo avevano portato per accertamenti all’ospedale di Chivasso.
Morto a 12 anni per la pertosse
Questo è quanto emerge dall’autopsia eseguita a fine febbraio 2024 dal medico legale Alessandro Marchesi, incaricato dal pubblico ministero Maria Baldari della procura di Ivrea, che sta indagando per omicidio colposo a carico di ignoti.
«Voglio capire perché nostro figlio è morto. Abbiamo il diritto di saperlo», aveva detto il papà di Andrea, Roberto Vincenzi, nelle ore successive la tragedia che aveva sconvolto tutta la comunità.
Nell’immediatezza dell’autopsia, il dottor Marchesi aveva spiegato come il piccolo Andrea fosse morto per una polmonite e da un imponente versamento pleurico. Poi ulteriori accertamenti hanno invece fatto ulteriore chiarezza su quanto successo.
L'avvocato della famiglia
A tal punto che lo stesso anatomopatologo ha consigliato alla famiglia Vincenzi - che è assistita dall’avvocato Stefano Castrale - e al pm Baldari di effettuare una ulteriore consulenza pediatrica per fare maggiore luce sull’accaduto.
«Lo stesso dottor Marchesi - spiega l’avvocato Castrale al settimanale La Nuova Periferia - ha escluso alcuna responsabilità da parte del personale sanitario e medico dell’ospedale Regina Margherita, che hanno provato in ogni modo a salvare la vita al piccolo Andrea ma la situazione era a dir poco grave e compromessa».
La famiglia, oggi, «è ancora più sconvolta. Sapere la causa della morte di loro figlio non li solleva», sottolinea Castrale che ora spiega come le tempistiche nel dare l’incarico ad un consulente pediatrico da parte del pm «si aggirino nell’arco di qualche settimana».
L’obiettivo è quello di capire cosa sia realmente successo a Chivasso - dove è stato visitato e ricoverato - se siano stati eseguiti tutti gli accertamenti clinici e rispettati tutti i protocolli previsti, se la terapia antibiotica fosse appropriata.
All’epoca dei fatti, l’ospedale chivassesse, attraverso il professor Fabio Timeus, direttore della Pediatria, aveva spiegato come «fosse stata prescritta una terapia antibiotica appropriata rispetto al microrganismo interessato» e di come fossero stati eseguiti «esami ematochimici e strumentali relativi alla situazione clinica».