tassi d’interesse fino al 300%

Dodici imprenditori della zona nella morsa dei fratelli usura

La Guardia di finanza di Torino ha eseguito quattro misure cautelari: uno ai domiciliari, gli altri con obbligo di dimora

Dodici imprenditori della zona nella morsa dei fratelli usura
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Il periodo di forte crisi economica ha attanagliato, da tempo, il mondo dell’imprenditoria di tutta Italia.
E sono tanti gli imprenditori che, pur di sopravvivere ed evitare di gettare la spugna, hanno provato a chiedere una mano anche alla malavita, anche agli «strozzini».

Dodici imprenditori della zona nella morsa dei fratelli usura

Come dodici persone che hanno ditte nell’area nord del Torinese e della collina - fra cui Settimo, San Mauro e Venaria Reale - e che hanno chiesto aiuto a tre fratelli usurai.
Il prestito di denaro veniva sempre concesso ma con tassi di interessi annui che andavano dal 120% fino al 300%.
Come scoperto dall’indagine «Summus» del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Torino, partita nel 2022. Nei guai sono finite quattro persone indagate per «usura»: una è finita ai domiciliari e le altre tre con obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Disposto anche il sequestro preventivo per circa 58mila euro, somma di denaro trovata in una parete dell’abitazione dei tre fratelli di origine siciliana, due dei quali già condannati in passato per reati specifici. Con loro anche un’altra persona, di Venaria Reale, che risulta essere sia indagato sia vittima: uno degli usurai, infatti, si era fatto aiutare da quest’ultimo per la gestione di un prestito. E lui, come «dono», aveva ottenuto un tasso d’interesse del 10%.

Tassi d’interesse fino al 300%

L’indagine ha permesso di capire come i prestiti fossero iniziati nel 2020, ovvero nel periodo della crisi economica legata alla pandemia da Covid, che aveva costretto molti imprenditori ad una chiusura di diversi mesi e protrattasi a più riprese a causa delle diverse restrizioni decise dal Governo.
Il modus operandi era pressoché sempre lo stesso: gli imprenditori chiedevano i soldi, con somme da 30mila fino a 300mila euro, con gli usurai che riscuotevano gli interessi o settimanalmente o mensilmente.
E c’era pure un «codice» tra usurai e vittime al telefono o via messaggio. Parole come «grissini», «pasticcini», «pane» o «mutande». Termini che erano vicini anche ai prodotti che i vari imprenditori vendevano nella quotidianità.