Settimo ha celebrato l'80° anniversario della strage dell'8 agosto
"Ciò che è avvenuto qui appartiene all'identità della città" ha rimarcato il presidente dell'Anpi
L’8 agosto 1944, per rappresaglia, sei giovani partigiani furono uccisi sotto il cavalcavia dell’autostrada Torino-Milano nei pressi della Cascina Pramolle.
Anniversario della strage dell'8 agosto
Ogni anno per iniziativa dell’Anpi, insieme all’amministrazione comunale, si svolge una breve cerimonia il ricordo di quell’evento che è rimasto tragicamente impresso nella storia di Settimo.
Quest’anno l’appuntamento ha assunto maggiore rilevanza, ricorrendo l’80º anniversario del doloroso evento. Questa mattina quindi rappresentanti della amministrazione, della sezione Guerino Nicoli dell’Anpi, delle forze dell'ordine e di varie realtà associative della città, rappresentanze dell'Anpi di Alpignano e di Biella oltre al partigiano Ubaldo Ballarini e a Alessandro Marchetto, fratello di Umberto Marchetto, partigiano della Brigata Garibaldi, disperso sui monti del Canavese dopo la battaglia del Monte Soglio e mai ritrovatosi, si sono dati appuntamento al monumento di di via Ceresole per commemorare degnamente i sei partigiani.
Si chiamavano Luciano Bertolino (19 anni, di Cuorgnè), Bruno Barone (21 anni, di San Giorgio) e Spirito Dama Lelio (20 anni, di Candelo). Gli altri tre sono ignoti.
Gli interventi
«L'identità di una città è ciò che essa sente proprio, valorizza e tramanda – ha detto il presidente dell'Anpi Silvio Bertotto. Ciò che è avvenuto qui appartiene all'identità di Settimo, sin dall'8 settembre 1945, quando qui per la prima volta la cittadinanza si riunì per ricordare quanto avvenne l'anno precedente. Oggi sappiamo che la rappresaglia non fu opera delle SS, ma di uomini della Wehrmacht e della Luftwaffe, l'esercito e l'aviazione dei tedeschi. Quindi non parliamo di uomini strettamente formati all'odio, organici al regime nazista, quanto piuttosto di soldati comuni, come avrebbero potuto essercene in ogni esercito. Un dato storico che pone dei problemi, che solleva una volta ancora il tema della “banalità del male” evidenziato da Hannah Arendt, soprattutto in situazioni di guerra, quando anche persone “banalmente comuni” possono trasformarsi in mostri. Che questo sia un monito, quindi, al rifiuto della guerra, soprattutto oggi laddove invece la tendenza, in Europa e non solo, è di mostrare sempre più i muscoli».
«L'8 agosto del 1944 alcune persone furono costrette ad assistere all'esecuzione – ha aggiunto il presidente del Consiglio Comunale Luca Rivoira – Tornando a casa, si resero conto della necessità, sempre più forte, di contrastare quel regime inumano che, oltre alla vita, aveva tolto a quei ragazzi anche l'identità. Tanto che oggi siamo riusciti a risalire solo ai nomi di tre delle vittime».
«I ragazzi che furono uccisi qui fecero “una scelta in libera scelta” - ha aggiunto l'assessore Alessandro Raso – Nessuno di loro era uno sprovveduto, nessuno di loro era inconsapevole, sapevano ciò che stavano facendo e ciò a cui andavano incontro. Credo che il modo migliore per rendergli onore sia perpetrare la memoria del loro esempio in vita e soprattutto i valori che incarnavano. Per noi e per le generazioni future».