Pintus, il preparatore atletico partito da Settimo, ora è "per sempre" del Real Madrid
Ne ha fatta di strada dal suo primo incarico nella Juniores dei Viola nell'1986: qui vi riproponiamo una sua bella intervista
E' considerato il preparatore atletico più titolato d'Italia, ma non tutti sanno che il professor Antonio Pintus in forza al Real Madrid, è cresciuto professionalmente e sportivamente a Settimo.
Chi è Pintus
Così nei recenti successi del Real c'è anche un pezzetto di Settimo: dalla conquista del titolo spagnolo (2021-22), alla Coppa del Re (2022-23) alla Super Coppa di Spagna nel 2022, fino alla Champios League (2021-22) e alla Coppa del Mondo per Club Fifa (2022) per citare i più recenti.
Pintus è nato a Torino, ha ottenuto quattro lauree e vinto 28 titoli con le squadre di calcio di cui è stato preparatore atletico. Storico collaboratore di Deschamps, Conte e ora di Ancelotti.
Era tornato al Real nel 2021, dopo avere vinto il tricolore con Conte all’Inter, e subito la spinta era stata essenziale per riportare i «blancos» prima alla conquista dello scudetto spagnolo e poi in cima all’Europa.
La carriera del preparatore settimese è stata caratterizzata da diverse esperienze. Dopo la Juventus, dal 1991 al 1998, è stato al Chelsea fino al 200. Poi Udinese, Monaco, in Francia, ancora Juventus, West Ham, in Inghilterra, Marsiglia, in Francia, tra le squadre principali che lo hanno visto protagonista. In Italia è stato anche al Palermo, prima di tornare in Inghilterra al Sunderland e di affrontare l’esperienza in Spagna con il Real, dove è stato tra il 2016 ed il 2019.
Poi l’Inter con mister Antonio Conte, prima della chiamata di Carletto Ancelotti che lo ha confermato come preparatore ai vertici del calcio internazionale, con grande soddisfazione.
Ora è a tutti gli effetti del Real
Secondo quanto riporta la nota emittente spagnola Onda Cero, il presidente del Real Madrid Florentino Pérez lo avrebbe assunto a tempo indeterminato. Pintus oggi quindi sarebbe a tutti gli effetti di proprietà del Real Madrid in qualità di dipendente.
Ed è notizia proprio di questi giorni il prosieguo del sodalizio con mister Ancelotti: l'allenatore infatti ha firmato alla fine del 2023 con il Real il rinnovo del suo contratto: "Sono molto felice, è stato semplice e veloce - ha raccontato - Io non avevo fretta, ma è prezioso sapere che il club volesse continuare col mio lavoro. E vi posso confermare che questa è la mia ultima panchina, anche se non so quando finirò".
L'invito della Nasa per un "preparatore spaziale"
L'ennesimo e importante riconoscimento che arriva poche settimane dopo un altro tributo importante alla sua professionalità: considerato un fenomeno nella preparazione atletica e ormai famoso in tutto il mondo per i suoi risultati, a dicembre Pintus è stato chiamato anche dalla NASA, che aveva voluto confrontarsi con lui per applicare i suoi metodi per la preparazione degli astronauti.
L'intervista nel 2014
Così Pintus si raccontava a La Nuova Periferia nel 2014: "La mia vita ha un comune denominatore l'atletica. Pensi soltanto che il sindaco Corgiat, nel ricordarsi di me durante l'inaugurazione del Befeed di Moncalieri, disse a Sergio Bisacca che ci stava presentando: «Ah sì, mi ricordo: lei è quello che correva!». Questo per dirle quanto l'atletica mi abbia segnato e, probabilmente, avrebbe potuto determinare anche il mio futuro. Perché in quegli anni ero un tesserato della Sisport e terminata la carriera sportiva, il passaggio negli uffici Fiat era scontato: ed era questo il pensiero razionale».
E invece come è arrivato alla Juve?
«Come dicevo l'atletica è il collante di tutta la mia storia. Nel 1986 mi iscrivo all'Isef, dopo gli studi tecnici all'Itis di Chivasso; apro una parentesi: io facevo prima e Corgiat era al quinto anno ed era già il capo della sinistra studentesca. Nel frattempo correvo per la Fiat Iveco quando in prima squadra c'erano Pietro Mennea, Sara Simeoni, Milanesio...; e io a livello giovanile ero tra i primi 15 in Italia. Il direttore tecnico della società era Claudio Gaudino, già preparatore della Juventus».
Quindi, è questo il punto di contatto?
«In effetti è stato lui un giorno a telefonarmi a casa e dirmi che Cuccureddu voleva per la sua Primavera un preparatore; a quei tempi ce n'era uno per tutte le squadre. Era il 1991».
Ma lei già praticava...
«Sì, certo. Nel Settimo calcio dove su invito dell'allora ds Stocco entrai in società, anche se l'allenatore della prima squadra, mister Stella, non mi volle come collaboratore e iniziai allora dalla Juniores! Ma non solo. Allenavo all'Akyama, al Cus, insegnavo all'istituto San Giuseppe: tutte cose che hanno giocato a mio favore».
E dopo 4 anni in viola, a 28 anni, si ritrova ad essere preparatore di tutto il vivaio bianconero e rieducatore della prima squadra!
«Ricordo ancora il colloquio e il consiglio che seguii che mi diede lo stesso Gaudino: «Quando i dirigenti della Juve ti chiederanno quanto vuoi, rispondi: fate voi. E così feci».
Da lì, iniziò il suo percorso. Dopo Torino, Londra: con l’inglese come se la cavava?
«Benino. Tant'è che appena arrivato al Chelsae Vialli mi chiese se volessi farmi tradurre, ma non accettai e mi buttai ...»
Senza strafalcioni?
«Le racconto un aneddoto. In inglese non c'è insulto peggiore da indirizzare ad una donna che dirle: «haurry cruck!»; evito la traduzione. I ragazzi del Chealsea, invece, sapendo dei miei problemi con la lingua mi dissero che se volevo essere estremamente gentile con una ragazza, quella era la frase migliore. Ebbene, la dissi all'agente immobiliare, donna, che mi aveva risolto il problema della casa a Londra: le lascio immaginare l'imbarazzo generale e il gelo quando le dissi quella frase con l'intento di ringraziarla! Ovviamente quella storia ha fatto il giro di tutto l'ambiente».
Ma nel mondo calcio si possono coltivare amicizie?
«Sì, è possibile e con Vialli, Deschamps, Zola persone dall'alto valore umano è stato così».
Ha ancora amici a Settimo?
«Pochi ma buoni. Cerco di mantenere vivi i contatti anche se sono sempre io che chiamo. Generalmente torno durante i giorni feriali e vedere i cortili del Villaggio vuoti, senza bambini, mi fa effetto: i cortili, per noi, erano la nostra palestra di vita».