Intervista

E' Ubaldo Ballarini, 97 anni, la memoria storica dell’Anpi di Settimo

«La libertà è un bene che si capisce solo quando lo si perde» racconta il partigiano "Fulmine"

E' Ubaldo Ballarini, 97 anni, la memoria storica dell’Anpi di Settimo
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A pochi giorni dall’ottantesimo anniversario della Liberazione, riprendiamo una preziosa testimonianza pubblicata sul settimanale La Nuova Periferia. Un’intervista che ci riporta alla voce diretta di chi ha vissuto in prima persona la Resistenza, restituendoci il senso profondo della libertà conquistata con coraggio e sacrificio.

E' Ubaldo Ballarini, 97 anni, la memoria storica dell’Anpi di Settimo

Aveva appena 16 anni Ubaldo Ballarini quando, con il consenso del padre, decise di unirsi alla Resistenza. Era il gennaio del 1945 e lui divenne “Fulmine”, il suo nome di battaglia nella divisione Fumagalli. Non combatté in prima linea, ma svolse un ruolo fondamentale come staffetta, guidando i partigiani lungo sentieri sicuri e partecipando, dalle retrovie, alla Liberazione di Savona.

Oggi, a 97 anni, Ubaldo è ancora una staffetta della memoria, custode di un tempo che rischia di sbiadirsi. «La libertà non è mai scontata, ci si potrebbero scrivere libri con tutti i significati che contiene», racconta con lucidità e passione. Parla con calma, con la voce di chi non serba rancore, ma invita alla speranza.

Ubaldo ricorda tutto: il dolore, le privazioni, la paura. E anche la forza degli ideali che lo spinsero, giovanissimo, a rischiare la vita. «La storia che si studia oggi a scuola – spiega – spesso non racconta tutto. I giovani vivono nella libertà, ma senza averne reale coscienza, senza sapere cosa voglia dire averla perduta».

Durante i primi anni del fascismo il papà di Ubaldo, che era socialista, venne picchiato e gli venne somministrato l’olio di ricino: Ubaldo venne a conoscenza di questi eventi solo quando il 25 luglio 1943, alla caduta del fascismo, il padre si sentì finalmente sicuro che quegli avvenimenti non avrebbero più potuto costituire un potenziale rischio per i propri figli. Fu una fondamentale presa di coscienza per lui.

Il suo primo contatto con la Resistenza avvenne per caso: due fucili smontati ritrovati in un avamposto fascista abbandonato, che nascose e consegnò più tardi ai partigiani. Da lì cominciarono le missioni, i servizi, il passaggio nei boschi, la scelta di rimanere stabilmente con la brigata. Fino a quel colpo esploso da un irriducibile fascista che gli colpì la gamba destra con una scheggia.

Ubaldo ha vissuto la guerra, ma è rimasto una persona mite, capace di trasformare il ricordo in consapevolezza. E oggi, più che mai, il suo messaggio è un monito per le nuove generazioni: «L’informazione, la memoria e la libertà sono beni comuni da difendere. Sempre».