La storia

Dalla sua Firenze al nostro Ecomuseo per scrivere la tesi di laurea triennale

Ilaria Grasso, fiorentina doc, ha trascorso un periodo «sotto la Torre» prima della tanto attesa discussione

Dalla sua Firenze al nostro Ecomuseo per scrivere la tesi di laurea triennale
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Dalla sua Firenze al nostro Ecomuseo per scrivere la tesi di laurea triennale.

Da Firenze all'Ecomuseo

A giudicare dall'emozione che prova davanti alla biblioteca Archimede e all'Ecomuseo del Freidano, non si direbbe che arriva da Firenze, quella stessa città che custodisce un patrimonio artistico che ci invidiano in tutto il mondo.
Eppure, Ilaria Grasso (nella foto a destra), a Settimo, sembra essere rinata.

La storia

L'accento toscano non lascia dubbi sulla sua provenienza, così come non ci sono dubbi sul colpo di fulmine tra Ilaria e Settimo. Senza nulla togliere al Piazzale Michelangelo, naturalmente. Ma l'aria che respira sotto la Torre è diversa e ha quel sapore inebriante che ti spinge a percorrere circa 315 chilometri per ammirare da vicino le bellezze della città e per recuperare tutto il materiale utile per scriverci, addirittura, la tesi di laurea. Ebbene si, Ilaria, che si definisce «una studentessa un po' vecchiotta» per via di quella carta d'identità che segna 52 anni, è in procinto di completare il percorso di laurea triennale, regalando a Settimo la soddisfazione di figurare nella sua relazione finale, grazie al patrimonio ecomuseale di cui il territorio può vantarsi.

Il percorso di studi

«Inizialmente, ero iscritta a Storia dell'Arte, poi sono passata a Scienze della Formazione e ho deciso di seguire un curriculum specifico, quello legato alla Disabilità e al disagio giovanile», racconta Ilaria, grande appassionata di musei e soprattutto di teatro, settore in cui ha lavorato per ben venticinque anni. «Come argomento della tesi, cercavo qualcosa che coniugasse il mio percorso con la mia passione. E cosa c'è di più inclusivo di un ecomuseo? Era la sintesi perfetta», ci ha raccontato Ilaria, prossima ad indossare la corona d’alloro dopo una carriera universitaria travagliata. «Il mio lavoro me lo sono scelto – spiega -, ma, quando ha chiuso il teatro in cui ero assunta, mi sono voluta rimettere in gioco. Certo, tra eventi personali di vario tipo e due figli da gestire, non è durata proprio tre anni, ma è comunque una bella soddisfazione», ha confessato la studentessa, ormai, adottata da Settimo e in particolare dai QuokKattivi, il gruppo informale che l'ha accolta sul territorio accompagnandola alla scoperta della città. «Li ho trovati spulciando sulla rete, dopo aver visitato la Circoscrizione 6. Per un po', li ho seguiti su internet e poi ho scritto un messaggio privato per fissare un incontro», racconta la Grasso, che ha avuto Silvia Manzione – tra le ragazze dei Quok – come Cicerone settimese per un'intera giornata. «Che effetto mi ha fatto visitare Settimo? Dire che è stato bello, sarebbe banale. Mi sembrava di essere in villeggiatura, e mi sono sentita perfettamente a mio agio. Per non parlare di quando mi sono trovata davanti l'Archimede. Credo di non aver mai visto una biblioteca così viva», racconta Ilaria che, a distanza di qualche giorno dalla sua toccata e fuga in città, è ancora un turbinio di emozioni e sensazioni. «Settimo è accogliente, ridente, vitale e mi ha insegnato ad esprimere i miei bisogni. Nella tesi, parlerò di questo, sperando di esserne all'altezza», ha concluso la Grasso, pronta a tornare in città per il Festival della Scienza, a metà ottobre. E a questo punto, davanti a così tanti elogi, viene d'obbligo stuzzicarla sulle differenze oggettive tra le due realtà urbane. «Firenze è bellissima, ma, a volte, i monumenti non bastano. I luoghi li fanno, soprattutto, le persone», ha chiosato Ilaria, riconoscendo che Settimo, forse, avrebbe meritato qualcosa in più.

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