Esperienza

Da Rivalba alla Turchia per portare un sorriso ai bimbi in difficoltà

"Non dimenticherò l’affetto ricevuto in cambio e quelle due bambine che dall’altro lato della strada mi sono corse incontro per gettarmi le braccia al collo"

Da Rivalba alla Turchia per portare un sorriso ai bimbi in difficoltà
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C'era anche la 25enne rivalbese Carola Speranza tra i volontari dell’associazione «Una mano per un sorriso for children», partiti lo scorso 6 aprile per una missione umanitaria nelle Città turche di Kilis e Hatay, nel cuore delle zone terremotate mediorientali e tra i campi profughi nati a seguito del conflitto turco-siriano.

Il volontariato come missione di vita

A Carola il senso di solidarietà e la voglia di spendersi per il prossimo sono stati trasmessi sin da piccola in ambito familiare. L’oratorio, Libera, poi l’attività volontaristica con Ugi nel reparto di onco-ematologia pediatrica dell’ospedale Regina Margherita. Proprio qui la giovane entra in contatto con la onlus di Paola Viola, insieme alla quale parte a giugno 2022 per una prima missione nello slum di Korogocho, periferia di Nairobi.

Poi tra il 6 e l’11 aprile 2023 arriva l’esperienza in Turchia. «L’associazione opera a Kilis, una Città a 7 chilometri dal confine siriano, dove è ben visibile il muro fatto costruire nel 2018 da Erdogan per contrastare i flussi migratori dalla Siria. L’obiettivo della missione era portare aiuti umanitari ai profughi siriani attestati in territorio turco».

"Tutti i bimbi hanno il diritto al gioco, all'istruzione e all'affetto"

Oltre a consegnare buoni spesa, viveri e kit igienici, i volontari dell’associazione hanno lavorato per donare un sorriso ai bambini di Hatay, colpita dal sisma del febbraio 2023. «I bimbi sono uguali in tutto il mondo e anche quelli di Antiochia, come di qualunque altra zona, hanno diritto al gioco, al divertimento, all’istruzione e all’affetto».

Giochi, bolle di sapone e abbracci hanno quindi colorato una Città dal grigiore spettrale, dove è difficile trovare speranza tra le macerie e l’estrema povertà. Specie se la terra continua a tremare e i mezzi da cantiere lavorano alla rimozione dei detriti a pochi metri dalle tende. «E’ stato molto toccante vedere “fermi immagine” come questi. Altra cosa che mi rimarrà certamente impressa è l’affetto ricevuto in cambio: due bambine che si trovavano dall’altro lato della strada mi sono corse incontro per gettarmi le braccia al collo».

Momenti che meritano di essere raccontati, conclude Carola Speranza, insieme alle testimonianze raccolte tra le famiglie profughe. «Viviamo in un mondo iperconnesso, perciò crediamo di essere sempre informati su tutto. Questa esperienza, invece, mi ha fatto rendere conto di quante cose non vengano raccontate perché non sono in tendenza. Scegliendo di non narrare, tuttavia, è come cancellare storie e vite che hanno un peso. Ho parlato, con l’aiuto di alcuni traduttori, con famiglie giunte da Aleppo e dintorni prima della costruzione del muro e per le quali, dopo tutto ciò che hanno sofferto, il terremoto è stato solo una piccolezza. Questo lascia immaginare cosa abbiano passato. Sono tornata carica di energie per diffondere le loro testimonianze sul mio blog e nei miei articoli».

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