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Benedizione coppie gay, parroci divisi

I preti di Settimo, San Mauro, Gassino e Castiglione a confronto sulle «nuove famiglie»

Benedizione coppie gay, parroci divisi
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Benedizione alle coppie irregolari o dello stesso sesso? Sì, ma a patto che siano «di pochi secondi, senza Rituale o Bendizionale» in cui «semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone». È questo il contenuto della nota diffusa dal Vaticano nei giorni scorsi in cui si puntualizzano alcuni aspetti dopo la dichiarazione dottrinale «Fiducia supplicans», il documento approvato da Papa Francesco che apre alla benedizione delle coppie «irregolari», comprese quelle omosessuali.

Benedizione coppie gay, parroci divisi

Una risposta arrivata soprattutto dopo la levata di scudi da parte di episcopati di tutto il mondo e in cui si circoscrive la benedizione ad una forma rituale breve e differente rispetto alla consacrazione che avviene per l'unione tra uomo e donna. La dottrina sul matrimonio non cambia e nel comunicato diramato dal Dicastero si chiarisce la netta distinzione tra le benedizioni liturgiche e quelle pastorali: nel caso di quelle pastorali, si tratta di un rito breve, di 10 o massimo 15 secondi, che «non pretende di giustificare qualcosa che non sia moralmente accettabile». «Ovviamente – precisa la nota - non è un matrimonio, ma non è neanche un’“approvazione” né la ratifica di qualcosa. È unicamente la risposta di un pastore a due persone che chiedono l’aiuto di Dio». Queste le indicazioni fornite dal Dicastero dopo le reazioni di queste settimane e il dissenso dimostrato da parte dei Vescovi. Partendo dall'ultima nota ufficiale, La Nuova Periferia ha provato a rintracciare i parroci dei propri territori per capire pareri ed opinioni dopo precisazioni che sembrano rappresentare anche un piccolo dietrofront rispetto all'iniziale apertura della Chiesa. Qualcuno si è esposto, altri, invece, su un tema tanto spinoso quanto delicato, hanno scelto il silenzio. O meglio, la meditazione. È il caso di Don Paolo Mignani, parroco di Mezzi Po, che interpellato sull'argomento ha preferito lasciare agli esperti l’ultima parola. «Sono temi grandi e delicati, credo sia opportuno invitare persone all'altezza del confronto: professori, teologi, moralisti – riflette Don Paolo -. Io devo umilmente meditare da povero prete di campagna».

"Aperta una prospettiva nuova senza  nascondere i problemi"

«Sono state aperte delle prospettive nuove, senza fare finta di nascondere i problemi». Questo il pensiero espresso da don Antonio Bortone di Settimo Torinese, che aggiunge entrando nel merito del tema al centro dell’attenzione: «E’ certamente un’apertura della chiesa rispetto ad una parte del mondo. E’ Gesù Cristo che diventa il punto di riferimento». E ancora: «Sono convinto che la paura non possa guidare le scelte, soprattutto quando si parla di una persona. La paura infatti non porta da nessuna parte».
Una posizione, quella del parroco settimese, dunque, di «apertura». Sottolinea a questo proposito, infatti, il don: «Il fatto che possa esserci un riconoscimento, anche se non viene indicato come vero e proprio sacramento, credo che possa essere una strada da seguire. E in questo senso ritengo debba essere considerato quello che è stato espresso da parte del Dicastero. Al centro deve esserci sempre la persona, questo è un aspetto assolutamente fondamentale».

"Non è un gesto che giustifica un rapporto che non c’entra con la famiglia tradizionale"

«La Chiesa deve essere accogliente. Questo, però, non è un gesto che giustifica un rapporto che non c’entra niente con la concezione della famiglia tradizionale, ma una benedizione si può offrire a chiunque». Così, Don Martino Botero, parroco settimese della San Giuseppe Artigiano, commenta l'ultima nota del Vaticano sulla benedizione alle coppie irregolari. «Si tratta di un augurio alla persona, nella speranza possa percorrere una strada buona e che il buon Dio possa essere presente nel suo cammino – prosegue Don Martino -. Su questo, Papa Francesco è stato chiaro. La benedizione è un augurio e non si può escludere, emarginare o condannare ma non vuol dire giustificare e legittimare una relazione che certamente non centra con la famiglia tradizionale costruita sulla base di un rapporto tra uomo e donna, dove ci sono dei valori abbastanza forti. Ci sono persone che vengono a confessarsi e dicono di avere questa tendenza e tu, rispettosamente, una benedizione la puoi dare per augurare alla persona un percorso di vita con il buon Dio».

"Richiesta di luce e pace"

«Una delle più belle formule di benedizione contenute nella sacra scrittura dice: il Signore rivolga il suo volto su di te e ti dia la pace. Ritengo che questo sia il senso profondo della benedizione. Altro scopo non ha che invocare luce e pace su chi la chiede e, per un credente, la luce e la pace non solo solo doni di Dio ma anche sentimenti che fioriscono nel cuore umano quando si cerca di vivere nella sua volontà. Dunque quando qualcuno chiede una benedizione pastorale, quindi fuori dall'ambito liturgico, si chiede per lui o per loro il dono della luce e della pace per vedere più in profondità la vita e le proprie scelte. Questo vale per tutti. Quindi la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede non ha bisogno di tante parole di spiegazione se si capisce fino in fondo il senso della benedizione». Questo il pensiero espresso da don Martino Ferraris, il parroco di Castiglione e San Raffaele Cimena.

 

 

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