Dopo l’inchiesta della Procura

All’Ospedale i lavoratori ora sono sotto scacco

«Noi non abbiamo commesso nessun orrore»

All’Ospedale i lavoratori ora sono sotto scacco

«Qui dentro ammazzate la gente». È questa la frase che un uomo avrebbe pronunciato all’Ospedale di Settimo, dopo essere entrato di proposito all’interno della struttura. Costringendo, di conseguenza, il personale ad allertare le Forze dell’Ordine.

All’Ospedale i lavoratori ora sono sotto scacco

L’episodio – riportato alla nostra testata da fonti vicine ai dipendenti – è avvenuto la scorsa settimana e fotografa quello che è il clima di tensione che si respira tra le corsie del nosocomio.
È questo l’altro volto della vicenda giudiziaria che, con un doppio filone d’inchiesta (uno sugli affidamenti diretti alla cooperativa Cm Service e il secondo che riguarda i presunti casi di maltrattamenti), ha travolto il presidio sanitario di via Santa Cristina. Ma è soprattutto l’indagine della Procura d’Ivrea sui presunti casi di pazienti maltrattati nel reparto di lungodegenza che vede l’Ospedale in mezzo ad un vero e proprio fuoco incrociato. Diviso tra la bufera giudiziaria su fatti che risalgono al periodo compreso tra marzo e aprile 2024 (e coinvolgono 24 operatori) e le richieste di aiuto che, invece, lancia il personale sanitario attuale. Personale che, va precisato, non corrisponde a quello coinvolto nelle carte dell’inchiesta.
Ed è proprio questo aspetto che, attraverso le nostre colonne, continuano a sottolineare i dipendenti. Soprattutto in seguito alle aggressioni verbali ricevute in questo periodo da medici ed infermieri. «Dopo 50 giorni in cui si parla di ospedale degli orrori, di pazienti legati e maltrattati, tra medici ed infermieri stiamo vivendo una vera e propria psicosi di massa», ci confessa qualcuno, ribadendo che «rispetto all’epoca dei fatti, parte del personale è cambiato».

«Noi non abbiamo commesso nessun orrore»

Un clima di tensione e paura che ha spinto la direzione sanitaria a prendere dei provvedimenti momentaneamente più stringenti rispetto all’apertura dei reparti, il cui accesso (anche alla luce del fatto che l’ospedale è una struttura sanitaria e non una Rsa) sarà consentito solo negli orari di visita. Una misura a tutela di tutti, precisano fonti vicine alla direzione. Di medici, infermieri ma anche dei pazienti attualmente ricoverati nei reparti. Ed è proprio il rapporto tra medici e pazienti che si trova in un equilibrio delicatissimo. Perché, inevitabilmente, le notizie delle ultime settimane rischiano di pregiudicare anche il rapporto tra il personale sanitario e i degenti dell’Ospedale.

E sono diverse le testimonianze arrivate alla nostra redazione. «Sta diventando una situazione invivibile, con infermieri ed oss che si stanno anche licenziando», ci confessa qualcuno. Una voce a cui fa eco quella di un’ex infermiera della struttura che, nel suo sfogo, ripercorre i turni di lavoro massacranti e lancia un appello ai suoi colleghi. «Abbiamo lavorato come schiavi, nessuno ci ha obbligati ma non abbiamo mollato. Pur essendo sotto organico per tantissimo tempo, non siamo andati in posti più leggeri. Mi è capitato di coprire due piani e ho pregato di non avere urgenze, ho fatto giorni e giorni con turni di 16 ore, non dormivo notti intere e quando riuscivo mi mettevo su delle sedie o sopra un cartone. C’ero sempre, non contavano i festivi, la domenica e nemmeno la notte del 31 dicembre, quando ho dovuto lasciare mia figlia a tavola e salire in macchina quasi all’una di notte con una nebbia fitta, per andare in quell’ospedale che tutti definiscono degli “orrori”, perché i miei pazienti non avevano un infermiere. Non mi interessava, perché avevo davanti persone malate che non ho mai lasciato nude e nemmeno sporche».

Nel racconto che affida in una mail inviata a La Nuova Periferia, l’ex lavoratrice dell’Ospedale ricorda anche quanto fosse difficile a fine turno mettersi alla guida, perché dopo orari così massacranti «non riuscivo nemmeno a guidare e a volte mi fermavo in un parcheggio insieme ai Tir». «Avrei tanto da raccontare ma alla fine non importa quello che noi abbiamo fatto. Voglio solo dire ai miei colleghi di tenere duro, perché nessuno ci deve dire grazie ma noi siamo apposto con noi stessi. Io non sono sicuramente perfetta ma – aggiunge – non ho mai messo in pericolo una vita, anzi, le ho salvate. E poi vorrei aggiungere anche un dettaglio: Dove erano quelli che dovevano controllare i turni? Dov’era chi sapeva che, invece di quattro persone, eravamo solo in due? Dov’erano quelli che dovevano tutelare il nostro lavoro? Dov’erano i controlli?».