Mercoledì 10 settembre segna il ritorno in classe per gli studenti delle scuole superiori, ma quest’anno c’è una grande novità: i cellulari saranno rigorosamente vietati in aula e durante l’intervallo. La misura, introdotta dalle linee guida ministeriali del 2025, punta a ridisegnare il volto della scuola e della Maturità, imponendo regole più rigide sull’uso della tecnologia e sulla condotta degli studenti.
Stop ai cellulari
D’ora in avanti, gli studenti non potranno utilizzare il telefono se non per scopi didattici. Ogni mattina i docenti avranno il compito di raccogliere i dispositivi e riporli in armadietti o contenitori dedicati, garantendo così un ambiente di apprendimento più concentrato.
Condotta e sospensioni
Il voto di condotta assume un ruolo centrale: non basterà più la sufficienza, ma occorrerà ottenere almeno sei decimi. Chi non raggiunge questo punteggio sarà rimandato a settembre e dovrà preparare un elaborato di cittadinanza attiva collegato ai motivi della valutazione negativa.
Anche le sospensioni cambiano volto: non più a casa, ma con attività di approfondimento o, nei casi più gravi, lavori socialmente utili presso enti convenzionati. Una misura pensata per educare piuttosto che punire.
La nuova Maturità
Le novità riguardano anche l’esame di Stato, che torna a chiamarsi “Maturità”. Confermate due prove scritte e un colloquio orale multidisciplinare, volto a valutare non solo le conoscenze, ma anche responsabilità, autonomia e capacità argomentativa. Chi farà scena muta all’orale sarà bocciato d’ufficio, mentre i percorsi di alternanza scuola-lavoro saranno valorizzati nella valutazione finale.
Tutela di docenti e dirigenti
Il nuovo piano prevede pene severe per chi aggredisce docenti e presidi: reclusione da 2 a 5 anni e arresto obbligatorio in flagranza. Inoltre, il ministero promuove iniziative di edilizia residenziale sociale per docenti trasferiti, con priorità a chi si sposta per motivi di lavoro.
La parola alle dirigenti settimesi Reinero e Del Vecchio
Non tutti sono d’accordo con la linea dura. Lavorare sull’educazione piuttosto che sul divieto totale dello smartphone. È questa la posizione che accomuna Cristina Reinero e Isabella Del Vecchio, rispettivamente dirigenti dell’istituto d’istruzione superiore Settimo Torinese e dell’Enaip.

La linea dura introdotta dal ministro Valditara per le scuole superiori non convince le due presidi.
«Credo che abbiamo perso un treno. Sarebbe stato più utile educare all’uso, piuttosto che vietarlo», commenta Reinero, che per evitare l’imbarazzo di dover ogni giorno ritirare i dispositivi ai ragazzi lancia un appello alle famiglie.
«Come per il divieto di fumo, prepareremo un regolamento e verrà applicato. Ma, a questo punto, dovendoci adeguare alla norma, chiediamo la collaborazione dei genitori e il mio invito, almeno ai ragazzi più piccoli, è quello di evitare di portare il telefono a scuola – riflette -. Capisco gli studenti maggiorenni, che sul telefono possono avere magari le app di pagamento, ma per i più piccoli forse sarebbe meglio evitare di arrivare a scuola con il cellulare».
Uno scetticismo – quello di Reinero – che dalla norma sul cellulare si estende anche rispetto alla «nuova» Maturità. «Ho letto che per l’orale si parla di colloquio multidisciplinare, ma è già così da qualche anno – commenta -. In ogni caso, spero che dal Ministero arrivino presto delle informazioni definitive perché i docenti devono avere il tempo per preparare i ragazzi nel modo più giusto».
Sulla stessa lunghezza d’onda, per quanto riguarda il divieto del telefono, anche il pensiero della direttrice dell’Enaip. «Io sono per l’integrazione, che sicuramente passa anche dal controllo, ma non per l’eliminazione tout court dello strumento – commenta Del Vecchio -. Non voglio demonizzare lo smartphone, anche perché secondo me la scuola dovrebbe trovare il giusto equilibrio. Così, invece, rischiamo di avere un accanimento dei ragazzi oltre l’orario scolastico. Detto questo, ci adegueremo alle norme e ritireremo il dispositivo sia per l’orario di lezione che nell’intervallo. Andremo in deroga solo per le attività didattiche previste nel nostro programma».
Una funzione educativa della scuola che Del Vecchio rivendica anche rispetto al voto di condotta. «Noi preferiamo lavorare sulla prevenzione, prima di arrivare alla sospensione – spiega -. In caso di comportamento scorretto, interveniamo magari facendo fare allo studente lavori a scuola o in collaborazione con le associazioni. In questo modo, difficilmente ci capita di arrivare ad un voto di condotta non sufficiente».