Delitto Gioffré: per Paolo Alvaro la condanna a trenta anni di carcere
Una sentenza che pare mettere un punto fermo ad uno dei principali “gialli” sanmauresi che tanto hanno fatto parlare nel corso di questi anni
Trent’anni di reclusione. Questa la condanna decisa dalla Corte d’Assise di Ivrea per Paolo Alvaro, accusato dell’omicidio premeditato, aggravato dal metodo mafioso, di Giuseppe Gioffré, 76 anni (nella foto), raggiunto da diversi colpi di pistola l’11 maggio 2004 mentre si trovava su una delle panchine davanti alla sua casa, in via Mezzaluna.
La sentenza
La sentenza è arrivata una manciata di giorni più tardi il ventennale di quel delitto, cioè il 14 maggio, dopo cinque ore di camera di consiglio presieduta da Vincenzo Bevilacqua.
Paolo Alvaro, 59 anni, originario di Sinopoli (Reggio Calabria) e già detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) per reati di 'ndrangheta, è il terzo condannato per l’omicidio Gioffré.
Qualche mese dopo il delitto era stato arrestato e condannato a 21 anni di carcere Stefano Alvaro, cugino di Paolo.
Nel 2022, poi, moderne analisi condotte dai Carabinieri del reparto investigazioni scientifiche di Parma hanno permesso di raccogliere e approfondire lo studio di ulteriori indizi. Le analisi tecniche e scientifiche di tracce di dna rinvenute sulla scena del crimine, infatti, hanno portato all'arresto sia di Paolo Alvaro che di Giuseppe Crea, 45 anni, condannato alla pena di 30 al termine di un processo con rito abbreviato.
I pm Livia Locci e Manuela Pedrotta della procura di Torino, che hanno coordinato le indagini e sostenuto l'accusa, avevano chiesto per Alvaro (difeso dagli avvocati Francesco Siciliano e Valerio Spigarelli) l'ergastolo. Il Tribunale di Ivrea ha stabilito invece una condanna a 30 anni, come nel caso di Crea.
Il “cold case”
Il caso è stato risolto grazie alla lunga indagine di Dda e Carabinieri e all'impiego di nuove tecnologie da parte dei Ris di Parma. A incastrare Alvaro, in particolare, un'impronta digitale su una bottiglietta di plastica contenente liquido infiammabile, ritrovata a fianco dell'auto usata dal commando d’esecuzione e poi abbandonata in un prato dopo l’omicidio.
Una faida lunga vent’anni
L'omicidio Gioffré fu l'epilogo di una faida di ‘ndrangheta che affonda le proprie origini nagli anni Sessanta. Gioffrè gestiva un negozio di alimentari a Sant’Eufemia, in Aspromonte, e secondo quanto accertato durante i processi avrebbe disturbato le attività commerciali del clan dei Dalmato-Alvaro. Nel corso di un litigio Gioffré avrebbe poi ucciso due persone, dando il via ad una faida tra famiglie mafiose.
Una catena di vendette che ha visto coinvolta la famiglia Gioffré, al quale uccisero moglie e figlio mentre scontava la sua pena.
Lo stesso Gioffré è stata poi ucciso a colpi di pistola fuori dalla propria abitazione a San Mauro, dove si era trasferito al termine della condanna.
Capitolo conclusivo di questa vicenda ventennale, appunto, la condanna di Paolo Alvaro. Una sentenza che pare mettere un punto fermo ad uno dei principali “gialli” sanmauresi e che tanto hanno fatto parlare nel corso di questi anni.