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Dopo 18 anni suor Elisa lascia Rivalba

Dalla missione in Brasile era arrivata in paese diventando la colonna del Centro di spiritualità Beato Clemente Marchisio

Dopo 18 anni suor Elisa lascia Rivalba
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Nel pomeriggio di sabato 6 aprile 2024 la comunità rivalbese si è riunita per una festa a sorpresa di saluto a suor Elisa.

Dopo 18 anni suor Elisa lascia Rivalba

La comunità rivalbese si è riunita come segno di riconoscenza nei confronti della religiosa, che dopo 18 anni in paese ora andrà a Padova.

Nel 2019 suor Elisa e le sue consorelle, Figlie di San Giuseppe, avevano festeggiato i 25 anni di fondazione del Centro di spiritualità «Beato Clemente Marchisio». Per celebrare l’anniversario, la Congregazione aveva organizzato una grande festa. L’intera comunità era stata invitata presso il Centro per gustare il buffet offerto dalle Sorelle. «Oggi non spegneremo le candeline - aveva detto suo Elisa, responsabile del Centro - ma accenderemo un cero, perché siamo un riferimento e la nostra porta rimarrà sempre aperta».

Ora, a distanza di circa 5 anni è arrivato il momento dei saluti e della gratitudine.

Sottolinea il sindaco Davide Rosso: «Suor Elisa è un punto di riferimento per tutto il paese, e non solo. Ci mancherà la sua allegria, la sua carica di energia e il suo modo di essere. Ci lascia in ricordo le tante cose fatte e i suoi insegnamenti».

La straordinaria storia della religiosa

Sul sito "grandistorielle.com" è raccontata nel dettaglio la lunga e appassionante vita della religiosa, approdata a Rivalba solo dopo aver vissuto forti esperienze umane e spirituali in varie parti dell'Italia e del mondo.

"Mi chiamavo Margherita, un nome molto bello - inizia il racconto - Visto che a quei tempi si considerava la vita consacrata come una nuova vita, ho preso il nome di Elisa. Sono suor Elisa e ho scoperto che chi porta il nome “Elisa” ha sempre una marcia in più: esuberante, che vuole fare, sempre in movimento. È scattato qualcosa in me, vivendo nella mia famiglia. Vedendo mia sorella, le mie cugine, vedendo le amiche, che cominciavano ad avere il ragazzo, perché erano più vecchie di me, io le osservavo. Pensa che i miei genitori mi mandavano sempre dietro a loro, per controllare. Dopo aver osservato, mi sono detta che per me, per il carattere che ho e per come sono fatta, era troppo poco: formare una famiglia, stare sempre con un uomo, dei figli. Tutto bello ma per me era poco. Dovevo trovare una formula che mi desse la possibilità di far esplodere tutto quello che avevo dentro. E l’ho cercata, andavo a vedere in parrocchia, dove mi parlavano delle missioni e ho pensato: «Vorrei andare anch’io a vedere, fare, dare.» Volevo qualcosa in più. E quando ho fatto le prime esperienze ho capito che questa fosse la vita “del più”. Qui ho una famiglia grande che è il mondo, non posso mai dire di no che non posso amare, perché arrivo a tutti".

Quindi il noviziato e i primi anni a Roma, e l'esperienza al Niguarda.

Poi da Milano a Como, e dopo a Verona. E' stata quindi la volta delle missioni: "Sono stata in Argentina per 19 anni e 9 anni in Brasile. Sono partita senza farmi aspettative o proiezioni ma con la curiosità di capire, e scoprire. E mi sono inserita subito. Inserirsi subito, non tanto tra le suore che facevano quello che facevamo anche qui, ma tre le persone. La comunità a Buenos Aires aveva tutta la parte della catechesi e della parrocchia: avevamo 120 bambini, eravamo sempre impegnate. Poi ho fatto un’esperienza bella a Rosario. Eravamo solo in otto, ma tutte per una e una per tutte, lavoravamo tanto".

E poi il Brasile: "Il Brasile è completamente diverso. In Argentina mi sono trovata inserita ma in una comunità simile a quella italiana, mentre la realtà del Brasile è a sé: per la vivacità, la ricchezza, l’allegria, il ruolo primario della donna. La figura della suora è ben vista e la comunità è nata da subito con le persone, partendo da sole tre suore. Loro tengono molto alla liturgia e fanno sempre festa. Poi, esteriorizzano molto senza voler far vedere la loro povertà. Noi siamo sempre e solo abituati a vedere la loro miseria, ma hanno delle fonti di ricchezza incredibili e superiori alle nostre".

Dal Brasile a Rivalba

Infine, la missione sulle Colline Torinesi a Rivalba, dove suor Elisa arriva a fine anni Novara: "Andare in missione, per me, significa non andare per portare ma andare per ricevere. La parte umana che io ho scoperto, che ho valorizzato là e che valorizzo qua con tutte le mani che ho e come posso, l’ho scoperta laggiù. Bisogna avere la capacità di accogliere quello che loro danno. Io cosa porto? Me stessa? Io sono una religiosa e porto il Signore: non vado là per curare tutti i mali del mondo. Io posso solo aiutare, perché com’è espresso l’amore di Dio? Facendo l’opera. Ed è per questo motivo che quando mi hanno chiesto di tornare, passare dal Brasile alla comunità di Rivalba, ho detto sì. Mi sono detta, sono qua con la missione avviata e mi richiamano per andare a lavare e asciugare piatti e forchette? È stato difficile ma ho pensato: “Se ho detto sì prima, ora non posso dire di no.” E che faccio? Mi porto dietro tutto quello che ho imparato da là. E l’ho portato qui".

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