Diritti

Una settimese un visita ai detenuti del carcere di Ivrea: "Esperienza forte"

La consigliera Angela Schifino ha aderito all'iniziativa dei Radicali a cui ha preso parte anche il sanmaurese Gianni Oteri

Una settimese un visita ai detenuti del carcere di Ivrea: "Esperienza forte"
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«Devi vedere». Si intitola così la campagna avviata dai Radicali Italiani che punta ad aprire alle coscienze dei comuni cittadini o degli amministratori comunali la visita di una casa circondariale.

Nella foto la consigliera comunale di Italia Viva Angela Schifino davanti al carcere di Ivrea insieme a Igor Boni e ai Radicali Italiani

L'iniziativa

«Con questa campagna non portiamo all’interno delle case circondariali i militanti dei Radicali - spiega il presidente nazionale Igor Boni - ma quei Comuni cittadini che hanno voglia di comprendere la situazione toccando con mano, e con la propria esperienza diretta, quello che si vive nelle nostre carceri».

Così nei giorni scorsi sono state due le visite organizzate da Radicali e Associazione Aglietta, prima nel carcere di Biella e poi nella casa circondariale di Ivrea, la più vicina a noi insieme a quella di Torino, e quella che «per competenza territoriale» interessa maggiormente il nostro territorio.

«Abbiamo incontrato persone di ogni genere - sottolinea Boni -. C’è chi ci ha offerto il caffé in cella e chi ci ha confessato di aver visto qualcuno di “esterno” per la prima volta dopo sette anni».

La situazione a Ivrea

Quella della casa circondariale di Ivrea, inoltre, è stata anche una vicenda che ha avuto una risonanza mediatica a livello di cronache locali e nazionali per situazioni di maltrattamenti nei confronti dei detenuti, ed è anche questo un punto che è stato all’ordine del giorno della visita dei cittadini e degli amministratori locali che hanno aderito alla campagna. Capire in che termini sia o meno cambiata la situazione. «Ci sono attualmente 208 detenuti presso il carcere di Ivrea - sottolinea Boni - leggermente sopra la capienza massima, ma è un numero ben distante da quello che avevamo riscontrato anni fa quando il sovraffollamento era tale da contare 270 persone circa». «Quello che però appare evidente è che manchino spazi e che la casa circondariale eporediese non è adeguata dal punto di vista strutturale. Non ci saranno le problematiche che avevamo riscontrato negli anni scorsi quando la situazione era veramente incredibile, ma ci sono carenze soprattutto dal punto di vista del senso della “rieducazione” del detenuto».

La testimonianza della consigliera Schifino

Tra le persone che hanno scelto di aderire alla campagna «Devi Vedere» e che hanno visitato i detenuti presso la casa circondariale di Ivrea c’era anche la consigliera comunale di Settimo Angela Schifino (Italia Viva).

«Francamente non sapevo cosa aspettarmi - spiega -. Per me è stata la prima visita all’interno di un carcere». «Al netto di quanto potessi aspettarmi dal punto di vista strutturale, anche in termini di carenze, quello che mi ha colpito veramente molto è stato il lato umano che si nasconde dietro quelle sbarre che da fuori sembrano e sono di fatto invalicabili».

Sullo sfondo ci sono i rumori dei cancelli che si aprono ogni volta che si deve attraversare un corridoio, o un «braccio» del carcere. Ci sono le celle che devono restare chiuse e quelle che possono invece restare aperte.

«Ma ci sono anche angoli in cui non manca di imbattersi in giochi per bambini, negli spazi per gli incontri per le famiglie per esempio. Non mancano i giochi, le pareti colorate e un ambiente che, nonostante il contesto, è accogliente e trasmette un certo senso di riscatto umano».

«Quello che ho notato sin da subito - sottolinea Schifino - è la felicità di questi detenuti nel vederci. Per molti di loro non è semplice incontrare persone, vuoi per mancanza di contatti familiari o per altre ragioni, ma erano davvero contenti di vedere e constatare che c’era qualcuno che si stesse interessando alle loro condizioni». «Penso in particolar modo a un ragazzo che ci ha invitati a entrare nella propria cella e che ci ha trattenuti con la scusa di offrirci un caffé. Era felice di averci con lui, di poter parlare con qualcuno di “esterno” e di poter raccontare la propria esperienza».

«Quello che ho visto all’interno del carcere di Ivrea è un vero e proprio mondo variegato - aggiunge la consigliera comunale -. Prima entri in una cella che magari non è proprio ordinata, per così dire, e poi invece ti imbatti in una cella tutta azzurra e ordinata con tanto di libreria e di manuali aperti su un tavolo, come quella di una ragazzo che ci ha raccontato di studiare giurisprudenza all’interno del carcere perché ha trovato nello studio la ragione per andare avanti, il motivo per cui sentirsi vivo».

«Bisogna però soffermarsi - chiude Schifino - sul senso della detenzione e soprattutto sulla funzione riabilitativa del carcere. Se il sistema non funziona nella sua totalità allora si rischia che una volta uscite di prigione, queste persone, non possano mai del tutto reinserirsi nella società. Ma questo non basta, perché oltre alla funzione rieducativa e che punta alla formazione e al futuro reinserimento sociale, è necessario che proprio la società sia pronta ad accogliere queste persone che hanno commesso degli sbagli e che stanno pagando per quanto fatto».

«E’ stato un momento umano molto forte - conclude -, ci siamo trovati di fronte a un mondo così completamente diverso fatto di persone di ogni nazionalità e di ogni estrazione sociale. Persone che stanno insieme quotidianamente in un ambiente con delle evidenti carenze strutturali, ma anche in termini di educatori e di operatori amministrativi. C’è veramente bisogno di impegnarsi a fondo per migliorare la situazione delle nostre carceri per offrire alle persone detenute una seconda possibilità che potranno sfruttare da quando saranno fuori da quei cancelli».

Le parole di Gianni Oteri

La scorsa domenica 2 luglio, a varcare i cancelli del Carcere di Ivrea c’era anche il sanmaurese Gianni Oteri, noto referente sul territorio per i Radicali. E’ proprio lui che ha scelto di affidare alla sua pagina Facebook il senso dell’iniziativa che si è svolta nei giorni scorsi.

«Visitare un carcere è una forma di restituzione. È il tuo tempo contro l'assenza di futuro. Difficile parlarne senza cadere nella retorica. Come fosse un piano cartesiano, su un asse vuoi infilarci tutte le magagne. Entri con la speranza di scoprirle; in fondo sei un progressista, un democratico. Cerchi la muffa, la sporcizia, la carenza di servizi, il sovraffollamento. Trovi tutto, quasi sempre; a volte più, a volte meno. Trovi anche, ad onor del vero, un sincero tentativo di operare al meglio con quello che offrono le poche risorse e la forza di volontà di chi vi opera. L'altro asse emerge poco a poco. È l'asse delle relazioni umane. Fai fatica a districarti in un fiume di parole, che parte dall'ultimo carcerato e arriva fino al direttore (molto spesso una direttrice), passando per tutta la gerarchia delle guardie carcerarie. Ognuno racconta la sua verità, che non sempre è contrastante. Ma su un piatto c'è una speranza una disillusione una richiesta, mentre sull'altro c'è un obiettivo dichiarato su tutti i muri - Despondere spem munus nostrum (garantire la speranza è il nostro compito) - che si scontra con la realtà dei fatti, i limiti umani, raramente la cattiveria, sempre la mancanza di volontà politica, l'indifferenza di chi sta fuori. La politica in carcere è un monocolore radicale. Da una parte e dall'altra, senti parlare solo di Marco e Rita, più raramente Emma. "Ho incontrato Rita tre volte in tre differenti istituti, l'ultima volta ci siamo scontrati duramente" mi dice con malcelata ammirazione un ispettore».

«Sono alla mia settima o ottava esperienza: non c'è stato istituto in cui più di un detenuto non abbia citato Pannella; non c'è stato istituto in cui qualcuno abbia parlato citato chiesto di politici non radicali. In un oceano di discorsi, stringi mani e ti accorgi di essere la bottiglia dove infilare un messaggio, affinché qualcuno là fuori lo legga. Ti accorgi che i mittenti non sono solo i detenuti. All'uscita ti restituiscono i documenti e il cellulare. Il tempo riprende una dimensione. Combatti contro un umano autocompiacimento, senti di avere degli strumenti in più. Datevi questa opportunità: ognuno entrerà con le proprie idee, ma ne uscirà con una consapevolezza».

 

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