Due suicidi in soli cinque mesi, ma la nostra stazione ferroviaria è «davvero» così sicura?
Ragazzine con i piedi a penzoloni sui binari e adulti che sfrecciano in bici. Ma perché nessuno controlla?
Quattro gennaio e ventisette maggio. Due date che, almeno per quest’anno, dovrebbero restare indelebili. Due giovanissime vite spezzate definitivamente contro un treno in transito. La prima, quella di una ragazzo di appena 18enne. L’altra, quella di una manciata di giorni fa, di un venticinquenne di nazionalità egiziana ma con carta d’identità italiana. Eppure da quel giorno nulla è cambiato.
Due suicidi in soli cinque mesi, ma la nostra stazione ferroviaria è «davvero» così sicura?
Parliamoci chiaro. Quello scorso sabato pomeriggio - parliamo del 27 maggio - c’era una marea di persone che chiedeva come poter raggiungere Torino o Chivasso. Sembravano tutti infuriati e nessuno di loro mostrava la volontà di affidarsi ai servizi sostitutivi. Qualcuno - e su questo sarebbe meglio tralasciare, ma il diritto di cronaca è quello che è - si sta ancora oggi facendo rimbalzare video e foto dei pezzi dell’ultimo corpo dilaniato dal treno in transito sul secondo binario.
La domanda è? E’ cambiato qualcosa? Macché. Basta dare un rapido sguardo alle fotografie pubblicate qui a lato. C’è chi - e l’età supera i 40 anni - scende dal treno Gtt e come se nulla fosse si mette a pedalare sulla sua bicicletta pieghevole proprio sulla famosa «striscia gialla» che servirebbe a proteggere i viaggiatori in attesa sui binari. Ma c’è anche chi, con la stessa indifferente monta a bordo del suo monopattino elettrico e corre fino alla scalinata del sottopassaggio. Per poi, lo ammettiamo, scendere e trasportare il veicolo a mano.
Ragazzine con i piedi a penzoloni sui binari e adulti che sfrecciano in bici
A spaventare di più, e qui non si può far finta di niente o non sottolineare la gravità dei fatti, ci sono quelle immagini che da giorni rimbalzano sui telefoni di chiunque. Tre ragazzine sedute sulla massicciata con i piedi a penzoloni sui binari.
E’ vero, è terribile anche soltanto da pensare, ma perché tante lacrime, tanti post sui social con «valangate» di «Rip» su Facebook, quando poi le cose non cambiano e - a giudicare da quel che capita ogni giorno - non cambieranno mai?
Non sarebbe forse il caso, per gli enti preposti - qualunque essi siano - predisporre una serie di controlli più efficaci e maggiori per evitare una sfida contro la morte che, come purtroppo abbiamo potuto constatare tutti, alla fine ha sempre un esito negativo?