Lavoro, 1700 in cassa integrazione
A tirare le somme e analizzare i dati è Alfonsina D’Onofrio, referente della Camera di via Matteotti a Settimo
Lavoro, 1700 in cassa integrazione
Lavoro
Sono 1.700 i lavoratori del nostro territorio in cassa integrazione, ma il «peggio» potrebbe arrivare in autunno.
E’ il bilancio della Camera del Lavoro di Settimo, all’alba della Fase 2 e della timida ripartenza nel post emergenza sanitaria.
A tirare le somme e analizzare i dati è Alfonsina D’Onofrio, referente della Camera di via Matteotti.
«La popolazione lavoratrice, con questa situazione, è pressoché dimezzata - spiega -. E’ tra il 20 e il 25 percento la popolazione occupata attiva in questo momento».
Sull’intero territorio dell’area di competenza della Camera del Lavoro di Settimo (che va da Lauriano a San Mauro), sono 1.700 i lavoratori interessati dalla cassa integrazione, a fronte di 47.967 lavoratori dell’area metropolitana (dati aggiornati al 18 maggio, ndr).
Di questi, 500 appartengono alla cassa edile; 300 alla Filcam (autogrill, mense, cooperative di pulizie all’interno degli ospedali e delle strutture sanitarie). E poi, ancora tra il 20 e il 50 percento sono lavoratori del settore chimico (Pirelli, ad esempio, ha fatto ricorso alla cassa per 300 lavoratori; Bibo invece ha sempre continuato la produzione, seppur a regime ridotto). Il sindacato Filt (settore trasporti e corrieri) ne ha invece 35; la Fiom, infine, 500.
A completare il quadro, i 7.600 artigiani dell’area metropolitana, che possiedono specifici strumenti di sostegno; e i 5.400 lavoratori di somministrazione che attualmente si trovano in Fis (il fondo di integrazione salariale), agevolato con il decreto Cura Italia.
La situazione
«I lavoratori - commenta D’Onofrio - non sentono ancora il contraccolpo della crisi determinata dall’emergenza sanitaria, ma guardiamo con preoccupazione l’autunno. Adesso si vive ancora una situazione ovattata, come una “bolla”, dove il peggio è attenuato dagli ammortizzatori sociali. Temiamo, infatti, che la maggior parte delle aziende, avendo il blocco dei licenziamenti e la possibilità di accedere alla cassa, si trovino a fronteggiare le criticità di una produzione esaurita». Per molte realtà, infatti, non vi è stata una chiusura definitiva nel periodo di lockdown, e dal 27 aprile scorso gli impianti hanno ripreso le produzioni. «Sono stati protocollati delle misure per garantire la sicurezza dei lavoratori e per stabilire le modalità di ripartenza - spiega la referente -. Tutte le aziende, anche le più grandi, stanno usando le 9 settimane previste dal rilancio e, soprattutto le realtà più solide, hanno anticipato la cassa ai propri lavoratori. Ma ad oggi non c’è evidenza di chi ha chiesto queste misure e chi le ha ricevute».
E poi, occhi puntati su aziende che, nei mesi scorsi sono state protagoniste di grandi vertenze. «Cnh, ad esempio, ha potuto sfruttare questo periodo di cassa integrazione per determinare una riorganizzazione del lavoro». Era infatti previsto per aprile il completamento della riconversione dello stabilimento di Pescarito in polo logistico, un iter che avrebbe impiegato un lungo lasso temporale. Senza tralasciare il mondo dei call center, e Olisistem. «In questi casi - aggiunge la referente -, dove era possibile garantire il distanziamento è stato normalizzato. Molti lavoratori sono andati in smart working».
Un discorso a parte riguarda invece il “nero”, venuto alla luce del sole con il decreto Cura Italia. «E’ stato un provvedimento che ha fatto emergere tutte le situazioni non chiare - commenta -. Nel rilancio sono stati previsti sostegni a badanti, colf o a chi non erano riconosciuti gli adeguati sostegni e che, con la prima gestione, non avevano diritto a nulla. Con la seconda versione hanno preso in considerazione tutte le tipologie di lavoratori. Per i lavoratori in nero, poi, si è pensato a dei buoni alimentari, e presto arriverà il reddito di emergenza, che potrà arrivare fino a 800 euro di sussidi».