Scelta di vita

Clochard muore a Milano: aveva mezzi, proprietà e 120mila euro in banca

Non è un caso isolato. Spesso, chi sceglie la strada stacca la spina per motivi che nulla hanno a che vedere con il denaro. Ma con un disagio ben più profondo.

Clochard muore a Milano: aveva mezzi, proprietà e 120mila euro in banca
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La storia di Umberto, clochard morto di freddo e stenti alla stazione milanese di Porta Garibaldi, ha stupito larga parte dell'opinione pubblica. Perché sul conto corrente dell'anziano 75enne c'erano 100mila euro oltre a quasi 20mila euro in titoli azionari e una pensione di 750 euro al mese. Ma non si tratta, invece, di un caso isolato. A dimostrazione del fatto che spesso, chi sceglie la strada, scegli di staccare la spina. Avviluppato, schiacciato, sfibrato da una vita divenuta troppo pesante anche solo per essere pensata. Figuriamoci vissuta. Alla base delle ragioni di alcuni clochard - non tutti ovviamente - non c'è l'impossibilità economica, bensì il male di vivere; oggettivi e gravi problemi mentali come la depressione. Che se, trascurata e non curata adeguatamente, porta a derive devastanti.

Umberto, morto da clochard ma con oltre 100mila euro sui conti correnti

Da Prima Milano

Il corpo di Umberto Diaco, 75 anni, è stato trovato giovedì scorso alla stazione Garibaldi e per lui non c’è stato nulla da fare. Ma la storia di Umberto è incredibile: il clochard trovato morto di stenti aveva un tesoretto in banca, oltre ad una pensione.

Aveva deciso di vivere cosi

Diverse le proprietà: furgoni, casa in Calabria e soldi in tasca, oltre 1.200 euro. Una storia che parla di una fuga da casa quando era giovane, raccontata dalla sorella di Umberto. La donna rivela che la famiglia aveva provato a rintracciarlo, a cercarlo, ma Umberto aveva deciso di vivere così, per strada. Aveva anche rifiutato gli aiuti della Caritas, a cui si era rivolto solo per avere un indirizzo per la corrispondenza. Qualche lavoro occasionale, anche in Germania, e poi la decisione di vivere da clochard, rifiutando aiuti e assistenza, chiedendo anche alla famiglia di dimenticarlo. Le indagini della polizia hanno fatto luce sulla vita di Umberto che è morto da senzatetto, al freddo di un angolo della stazione.

Una storia che trova conferme

A confermarci che queste storie esistono, e sono anche molto diffuse fra i senzatetto, sono volontari e operatori che in più circostanze abbiamo intervistato per il nostro circuito editoriale. Uno dei problemi principali con cui chi si occupa di assistenza si scontra è proprio la determinazione di alcuni senzatetto a rimanere in strada, a fare a modo loro. A non accettare nemmeno ospitalità nei centri preposti nelle notti invernali in cui le temperature si fanno pericolosamente rigide.

A tradurre l'intraducibile smarrimento di coloro a cui capita di perdersi così, con tutta la ferocia delle conseguenze, una canzone di Enzo Jannacci entrata nella storia: "El purtava i scarp del tennis". Che provando a restituire l'animo di un clochard non faceva minimamente cenno a problemi di soldi o lavoro. Ma soltanto di un sogno rincorso e mai raggiunto (in rigoroso dialetto milanese).

Portava le scarpe da tennis, e parlava da solo
rincorreva già da tempo un bel sogno d'amore
Portave le scarpe da tennis e aveva gli occhi da buono
Era il primo ad andarsene perchè era un barbone

L'hanno trovato, sotto a un mucchio di cartoni
l'hanno guardato che sembrava nessuno
l'hanno toccato che pareva dormisse
lascia stare che è roba da barboni

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